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giovedì 17 dicembre 2009

TROVATA ATLANTIDE?


Dai Caraibi emerge una civiltà sommersa
Il leader del progetto: «Trovate una specie di piramide alta e sottile e una costruzione con pali paralleli in piedi»

di Alessandra Farkas

NEW YORK - Un gruppo di archeologi ha scoperto le rovine di una grande città antica sui fondali del Mar dei Caraibi la cui ubicazione rimane ancora segreta ma che secondo alcune indiscrezioni sarebbe antecedente alle piramidi di Giza, in Egitto. E potrebbe addirittura essere Atlantide, la leggendaria isola scomparsa, menzionata per la prima volta da Platone. La notizia, pubblicata in esclusiva dal giornale parigino in lingua inglese Herald de Paris, è stata subito rilanciata dai siti web americani. Le immagini satellitari della città pubblicate sul sito web del quotidiano mostrano qualcosa di completamente diverso dalla città sommersa scoperta nel 2001 al largo di Cuba da una missione congiunta russa-canadese. Nell’intervista da Washington all’Herald il leader del progetto - che ha chiesto di rimanere anonimo - si è guardato bene dal rivelare le coordinate del luogo. Presumibilmente per evitare la ressa di sommozzatori della domenica a caccia di tesori subacquei durante le feste di fine anno.

PIRAMIDE SOTTILE - «Abbiamo trovato una struttura simile a una piramide alta e sottile - racconta il capo della spedizione -, e persino una costruzione con pali paralleli in piedi e travi fra le macerie di ciò che sembra un edificio in rovina. Ma non puoi trovare pali e travi - precisa - senza l’intervento umano». Gli scopritori non affermano che si tratti di Atlantide. «Però - puntualizzano - crediamo che questa città potrebbe esser stata una delle tante di una civiltà marinara avanzata, basata sul commercio e in regolare contatto con le sue controparti eurocentriche». Nessuno sa spiegare come sia finita sommersa dalle acque. «Abbiamo diverse teorie in proposito» incalza il team leader, che spera di raccogliere abbastanza fondi per una nuova spedizione, ben più capillare, che possa documentare la sua scoperta. «Qualunque cosa troveremo non appartiene a noi - spiegano gli archeologi -, ma alla gente di questa isola e al mondo in generale. Tutto ciò che riporteremo a galla finirà in mano a un museo».

LE CIVILTÀ SOMMERSE - Non è la prima volta che tracce di una possibile civiltà sommersa emergono nei Caraibi. Nel 2001 l'agenzia Reuters riferì che un gruppo di scienziati di Advanced Digital Communications aveva individuato una "città sommersa" al largo delle coste di Cuba. Grazie al sonar avevano identificato quelle che sembravano strade, rovine di edifici e persino una piramide. Ma dopo l'eccitamento iniziale, la storia cadde nel dimenticatoio. Nel suo libro Le porte di Atlantide (2000), Andrew Collins avanza la tesi che Cuba sia stata al centro di una vasta civiltà pre-colombiana, simile ad Atlantide. Ivor Zapp e George Erikson, nel loro volume Le Strade di Atlantide (2002), mettono il Costa Rica a capo di un impero marittimo molto avanzato. L'avventuriero F. A. Mitchell-Hedges ha suggerito che i resti della civiltà scomparsa si trovassero in Honduras. Teorie secondo cui Atlantide si trova nel nuovo mondo cominciarono a circolare subito dopo la scoperta dell'America. Nel 1669 fu addirittura pubblicata una mappa che mostrava l'America divisa tra i discendenti di Nettuno, re di Atlantide.

domenica 29 novembre 2009

mercoledì 7 ottobre 2009

IL MISTERO NAZISTA NEL LAGO DI TOPLITZ

PASSAU (AUSTRIA) - Il mistero del Lago Toplitz, sulle Alpi Austriache, non è mai stato svelato. E ora rischia di rimanere tale. Almeno per altri 99 anni. E' per tutto questo tempo, infatti, che l'ente austriaco di tutela delle foreste, il «Bundesforste», ha intenzione di vietare le immersioni degli esploratori che dal 1945 cercano di ritrovare nel lago il tesoro delle S.S. Secondo alcune testimonianze storiche, infatti, alle prime luci dell'alba di un giorno di aprile del 1945, una spedizione nazista affondò nel lago centinaia di casse di legno piene probabilmente di diamanti e di lingotti d'oro sottratti alle famiglie ebree durante il periodo delle leggi razziali. Nelle casse si troverebbero anche decine di opere d'arte rubate dai paesi di tutta Europa e numerosi dossier con piani e documenti segreti del Terzo Reich. Un vero e proprio tesoro, che sarebbe dovuto servire per la “resurrezione” della Germania nazista, una volta finita la guerra.

mercoledì 18 marzo 2009

SEA MONSTER

Scoperto il «T-Rex »dei mari

«Predator X» è il nome dato al fossile di un mostro marino gigante ritrovato al Polo Nord

(Atlantic/Zoo)
(Atlantic/Zoo)
Quarantacinque tonnellate per quindici metri di lunghezza e una fila di denti aguzzi come coltelli: queste sono solo alcune delle caratteristiche del temibile predatore marino ritrovato dai paleontologi nei pressi delle Isole Svalbard, vicino al Polo Nord. Predator X (così è stato soprannominato per ora il rettile marino, del genere Pliosaurus) dominava i mari del Giurassico superiore e in quanto a potenza avrebbe potuto stracciare il T-Rex, dominatore incontrastato delle terre emerse nel Cretaceo.

UN MORSO PODEROSO - I ricercatori dell’Università di Oslo, protagonisti dell’eccezionale scoperta, già due anni fa avevano trovato nella stessa zona il fossile di un altro pliosauro, chiamato The Monster. Sono così ritornati sul luogo della fortunata scoperta, confidando che il terreno ghiacciato custodisse nuove sorprese; e infatti dopo due settimane di scavi hanno trovato l’enorme cranio del grande predatore: una testa di tre metri le cui dimensioni denotano una potenza offensiva eccezionale. Secondo i calcoli dei ricercatori i denti affilati del colosso marino potevano stritolare le prede con una forza pari a undici volte quella di un Tyrannosaurus rex e tredici quella di un alligatore (l’animale che attualmente detiene il primato del morso più potente).

VELOCE NELL’ATTACCO - Jørn Hurum, paleontologo a capo della ricerca, durante l’annuncio della scoperta tenutosi ieri a Oslo ha dichiarato: «era il più feroce predatore mai esistito. Si trattava di un carnivoro veramente molto grande. È come un cacciatore col motore turbo». Infatti, anche se questo pliosauro non raggiungeva le dimensioni del ciclopico ittiosauro, erbivoro acquatico di 23 metri, era comunque unico tra i predatori marini. In quanto a dimensioni e a forza può essere paragonato solo ad alcuni squali preistorici. Ma a differenza di questi non possedeva solo un temibile equipaggiamento offensivo, era dotato anche di straordinaria agilità natatoria: sembra infatti che al momento dell’attacco le pinne posteriori aggiungessero una propulsione eccezionale alla spinta già poderosa delle pinne anteriori, rendendo micidiali i suoi assalti. Gli scienziati per capire meglio come si muovesse in acqua hanno ricostruito la nuotata del rettile preistorico utilizzando un simulatore robot.

CERVELLO DA SQUALO - Con uno scanner infine i paleontologi hanno analizzato il cervello dell’animale, che è risultato lungo e assottigliato, molto simile a quello del Grande squalo bianco, attualmente il più grande pesce predatore del pianeta. Un’ulteriore conferma della somiglianza tra il rettile giurassico che è considerato la creatura più pericolosa che abbia mai popolato i nostri oceani e il pescecane.

Valentina Tubino
17 marzo 2009

giovedì 26 febbraio 2009

MISTERO SOLUTO?

fenomenI fotografatI per la prima volta nel 1989

«Spiriti dell'aria» ed «elfi»
sempre meno misteriosi

Una spiegazione per gli enigmatici lampi ad alta quota scambiati per Ufo

«Winter sprites»
«Winter sprites»
MILANO - Per coloro che credono alle apparizioni dei dischi volanti, comunemente chiamate UFO, c’è una brutta notizia. Oltre a tutte le spiegazioni finora date nei decenni dei vari fenomeni avvistati ora si aggiunge quella del professor Colin Price dell’Università di Tel Aviv. Price, a capo del dipartimento di scienze geofisiche e planetarie, è uno specialista degli «winter sprites» che appaiono nei cieli dell’emisfero nord nei mesi invernali. Gli Sprites sono delle grandi scariche elettriche che si manifestano al di sopra delle nuvole temporalesche e si presentano a grappoli ad altezze tra i 50 e 100 chilometri, e talvolta anche oltre.

SPIRITI DELL'ARIA - Gli Sprites sono gli «spiriti dell’aria» ed il termine è stato ripreso dal «Sogno di una notte di mezza estate» di Shakespeare. Il fenomeno veniva fotografato per la prima volta nel 1989 dagli scienziati dell’Università americana del Minnesota. Le loro manifestazioni avvengono, dunque, molto in alto nel cielo, nell’alta atmosfera. «Di solito sono i lampi scatenati nei temporali alle normali quote più basse a stimolare il campo elettrico superiore producendo gli Sprites e adesso abbiamo scoperto che soltanto certi tipi di fulmini li possono scatenare – spiega Price – Come ciò avvenga non è ancora ben chiaro e il dibattito è aperto ma di certo possono spiegare alcuni bizzarre osservazioni degli UFO».

«GLI ELFI» - Gli Sprites talvolta sono associati ad altri fenomeni come gli «elfi», aloni luminosi con un diametro di circa 400 chilometri. Simili formazioni luminose spesso si muovono nel cielo e questa è la ragione per la quale sono stati chiamati spiriti dell’aria o anche elfi. Ed è un’altra delle loro caratteristiche associate agli UFO. Gli strani lampi raggiungendo quote molto elevate possono avere un impatto sulla fascia dell’ozono che circonda la Terra proteggendo la vita. «Per fortuna – nota Price – che accadono non molto frequentemente e quindi il loro possibile danno è contenuto. Ma dato il rischio che presentano è opportuno indagarli meglio».

Giovanni Caprara
25 febbraio 2009

venerdì 20 febbraio 2009

TROVATA ATLANTIDE?

20/02/2009

Alla scoperta di Atlantide

Scritto da: Federico Cella alle 12:07

Quando la realtà supera la fantasia. E di molto. Ne parlò per primo Platone nel Timeo, ci viaggiò il capitano Nemo di Verne, gli appassionati del serial tv Lost ci fantasticano da cinque anni. Ora Google Earth l'ha trovata. Atlantide, terra mitologica che sarebbe affondata nell'oceano più di 12 mila anni fa, patria di alieni superumani o di una società utopica (o anche tutt'e due o anche nessuna) a seconda delle leggende e dei saggi, scritti a migliaia in ogni epoca umana (Wikipedia, per approfondire).

fantasmi?

Il mistero del cimitero olandese
la pietra tombale si sposta da sola

di ALBERTO D'ARGENIO


Il mistero del cimitero olandese la pietra tombale si sposta da sola

dal sito De Volkskrant

BRUXELLES - "Non è un pesce d'aprile", assicura la polizia. "Non sono i fantasmi", giura il sagrestano. Così tutti brancolano nel buio senza poter dare una spiegazione al mistero di Aalsten, paesino del profondo nord dell'Olanda, 162 anime in tutto. E' nel cimitero della chiesetta locale che l'enigma si ripete da mesi: il coperchio di una tomba, 450 chili di granito, si sposta da solo lasciando il sepolcro a cielo aperto.

Il tutto ha avuto inizio quando una famiglia ha trovato la tomba di un parente scoperchiata. Pensando ad un atto di vandalismo, si è rivolta alla polizia. Il fatto però si è ripetuto ben quattro volte senza che gli agenti riuscissero ad individuare i responsabili. Regolarmente quando i parenti o il sagrestano andavano a controllare la tomba, la trovavano aperta, con il pesante coperchio spostato lateralmente di oltre un metro. A questo punto la polizia ha preso la cosa a cuore e in gran segreto ha installato una telecamera proprio di fronte alla sepoltura.

Quel che è successo dopo lo spiega meglio di tutti Anna Van der Meer, portavoce della polizia frisone: "Assurdo, da brividi, assolutamente incredibile. Quando ho visto il nostro video sono rimasta di stucco. Si vede la pietra scivolare di lato, quasi cadere per terra. Poi tocca la tomba di fianco e si ferma lasciando il sepolcro in gran parte scoperchiato con un movimento di più di un metro. Com'è possibile? Non lo so, pesa 450 chili. Oltretutto nel video si vede benissimo che la pietra è ferma, poi in un batter d'occhio schizza di lato. Non ho mai visto una cosa del genere in tutta la mia carriera. Noi non abbiamo nessuna spiegazione".

La storia ha subito fatto subito il giro dei Paesi Bassi, con i media scatenati alla ricerca del video. Ma sono rimasti a bocca asciutta, visto che su richiesta della famiglia il Dvd è stato secretato e spedito alla scientifica di Amsterdam. Intanto è partita la corsa alla soluzione del mistero di Aalsten. Gli scienziati negano si possa trattare di smottamenti o movimenti sotterranei del terreno. C'è chi incolpa dei ratti giganti, ma la teoria fa acqua da tutte le parti. Si parla allora degli sbalzi di temperatura che potrebbero creare scompensi alla pressione interna della tomba.

Insomma, poche idee e ben confuse. L'unica apparente certezza arriva dal sagrestano di Aalst, Tjerk Smit: "Di certo non sono stati i fantasmi. Io non credo agli spiriti, altrimenti non avrei scelto questo mestiere".

(19 febbraio 2009)

martedì 17 febbraio 2009

DETRITI SPAZIALI E MISTERI CELESTI

dal CORRIERE ONLINE

Dopo lo scontro in orbita segnalati spettacolari fenomeni

Palle di fuoco e detriti spaziali:
allarme e mistero nel mondo

Stato di emergenza in Canada, apparizioni luminose in Italia, Kentucky e Texas


La «striscia  di fuoco» apparsa in italia la sera del 13 febbraio registrata con una telecamera dall'astrofilo Diego Valeri di Contigliano (Rieti)
La «striscia di fuoco» apparsa in italia la sera del 13 febbraio registrata con una telecamera dall'astrofilo Diego Valeri di Contigliano (Rieti)
ROMA - Ora i detriti spaziali («space debris» in inglese) fanno davvero paura. Nella regione di Alberta, in Canada, stanno tirando un respiro di sollievo per un impatto dallo spazio scongiurato in extremis . E poi in Texas, nel Kentucky e finanche nella nostra Italia, ecco stagliarsi nel cielo misteriose «palle di fuoco», ancora non si sa fino a che punto imparentate con i detriti spaziali o dipendenti da uno sciame di meteore.

PANICO IN CANADA - Partiamo dall’unico allarme sicuramente collegato con la caduta di un oggetto artificiale dall'orbita, quello scattato nella regione di Alberta. E’ successo alle prime ore del mattino di venerdì 13 febbraio, tempo locale, ma solo a emergenza superata ne sono stati rivelati i particolari. Il North American Aerospace Defence Command (NORAD) degli Stati Uniti, un ente che sorveglia lo spazio e tiene d’occhio tutti i corpi orbitanti attorno alla Terra, avverte i rappresentanti del governo canadese: «Un cargo spaziale russo delle dimensioni di un autobus, che era stato utilizzato per trasportare materiali sulla Stazione spaziale Internazionale, è fuori controllo e sta per precipitare su di voi. I calcoli indicano che potrebbe schiantarsi sulla città di Calgary, attorno alle 10 antimeridiane, ma la traiettoria è incerta. La stiamo definendo minuto per minuto. Vi faremo sapere». Scatta l’allarme degli operatori della protezione civile canadese, sia a livello nazionale che locale. Ci si interroga se sia il caso di avvertire la popolazione e predisporre piani di evacuazione, almeno nella parte più popolosa del centro cittadino. Mentre le concitate consultazioni sono in corso, si rifà vivo il NORAD: la traiettoria del maxi proiettile spaziale è cambiata, ora sembra puntare su Kneehill o su Wheatland Country, circa cento chilometri a est di Calgary. Lì, per fortuna, la densità della popolazione è più bassa, c’è meno pericolo di impatto diretto con le persone e le cose. Ma si affaccia un’altra preoccupazione. Il relitto del vettore russo contiene materiale radioattivo che, disperdendosi in seguito all’impatto, potrebbe contaminare una vasta aerea di territorio. Scattano altri livelli di allerta per il monitoraggio dell’eventuale nube radioattiva. «Ma proprio mentre un operatore del nostro staff stava per diffondere l’allarme al pubblico –racconta Colin Lloyd, direttore esecutivo dell’Agenzia di gestione delle emergenze dell’Alberta-, dal centro operativo di Ottawa ci arriva un contro ordine: il relitto spaziale è rimbalzato nell’atmosfera, finendo nell’Atlantico. Pericolo scongiurato. E’ una mattina che non dimenticheremo facilmente».

LO SCONTRO IN ORBITA - L’allarme spaziale dell’ Alberta segue di appena tre giorni uno scontro in orbita terrestre da primato, avvenuto il 10 febbraio, a circa 800 km di altezza, fra due satelliti per telecomunicazioni: il russo Kosmos 2251 e l’americano Iridium 33, rispettivamente da 1.000 e 500 kg di peso. Non era mai successo prima d’ora che due grandi satelliti, ciascuno ruotante sulla propria orbita, facessero un involontario urto frontale. (I cinesi, invece, due anni fa, avevano volontariamente effettuato un impatto fra un loro missile balistico e un satellite in disuso). A causa delle alte velocità in gioco (25 mila km all’ora), un crash spaziale genera migliaia di frammenti grandi e piccoli che, sparpagliandosi progressivamente in vari livelli orbitali, si possono trasformare in potenziali proiettili-killer a danno di altri satelliti, della Stazione spaziale abitata in permanenza dagli astronauti a 400 km di altezza e, scendendo più giù, della stessa Terra.

GLI AVVISTAMENTI «ITALIANI» - Per questo motivo, quando la sera del 13 febbraio l’astrofilo Diego Valeri da Contigliano (Rieti), specializzato nell’osservazione delle meteore, riesce a registrare con la sua telecamera per la sorveglianza del cielo una palla di fuoco dieci volte più luminosa della Luna (VEDI), è inevitabile chiedersi se non si tratti di un frammento dello scontro orbitale, piuttosto che del solito sasso cosmico venuto giù dal cielo. E la domanda si fa più pressante quando analoghi avvistamenti vengono fatti, sempre la sera del 13 febbraio, ancora da altre località italiane e, oltre l’Atlantico, a Morehead nel Kentucky (dove l’apparizione è accompagnata da vibrazioni e boati).

FRA UFO E METEORE - Il 15 febbraio, poi, in molte località del Texas, un’altra palla di fuoco è talmente luminosa da rendersi visibile in pieno giorno. Fatti debiti calcoli, gli specialisti del NORAD escludono che le molteplici palle di fuoco possano essere i frammenti del crash spaziale. Un’ ipotesi alternativa è che si tratti di uno sciame di meteore, provenienti chissà da dove, che ha colpito il nostro pianeta, dando luogo a una molteplicità di fenomeni. Ma, mentre gli astronomi sono impegnati nei calcoli, le ipotesi, anche le più spericolate dei soliti ufologi, si affastellano. Il rischio che l’aumento della spazzatura spaziale possa costituire un pericolo sia per la navigazione spaziale e aerea, che per noi inermi abitanti della Terra, è stato intanto ribadito dal direttore dell’United Nation Office for Outer Space Affairs (UNOOOSA), Mazlan Othman, che ha richiamato al rispetto di una risoluzione già adottata dall’assemblea generale dell’ONU, che esorta a una non proliferazione degli «space debris», allo scopo di preservare l’ambiente spaziale e la sicurezza del pianeta. In pratica, a questo scopo, i vari Paesi del club spaziale, dovrebbero limitare le attività e le manovre potenzialmente pericolose e le agenzie addette al monitoraggio dei corpi artificiali dovrebbero migliorare le loro capacità di osservazione e calcolo per prevenire gli incidenti con la migliore regolazione dell'ormai congestionato traffico orbitale.

Franco Foresta Martin
17 febbraio 2009

giovedì 29 gennaio 2009

VOCI PERDUTE DALLO SPAZIO PROFONDO


su "Art of Oblivion" le voci segrete degli astronauti persi nello spazio, captate da radioamatori negli anni 50 e 60

mercoledì 28 gennaio 2009

NAZCA

Nazca, i misteri delle linee
"Erano cammini sacri"
In Perù 2000 anni fa gli indigeni tracciarono strade a forma d'animali
di SARA FICOCELLI

Nazca, i misteri delle linee
"Erano cammini sacri"

ROMA - È il mistero più dibattuto della civiltà precolombiana: le linee di Nazca, nel Perù meridionale, si estendono per 400 chilometri quadrati. Ma per ammirarle bisogna salire su un piccolo aereo o su una mongolfiera. E per capirle va fatto un salto nel tempo di oltre 2000 anni. L'archeologo Tomasz Gorka, dell'università di Monaco, come riferisce la rivista New Scientist, è arrivato a una conclusione: il colibrì, la scimmia, il ragno, il condor e tutte le altre figure erano il tracciato di cammini sacri. Vanno in archivio, fino a prova contraria, le teorie sull'arrivo di extraterrestri o creature sconosciute. Anche se il dubbio resta: enormi disegni visibili solo dall'alto, nessuna montagna nelle vicinanze. Uno spettacolo affascinante che attira migliaia di turisti ogni anno.

LE IMMAGINI DI NAZCA

"Le linee di Nazca erano dei sentieri rituali, questo è già stato segnalato in passato - spiega Giuseppe Orefici, direttore del Centro Italiano Studi e Ricerche Precolombiane - la simbologia raffigurata è infatti la stessa che troviamo sugli oggetti di terracotta. Si tratta di immagini che invocano la divinità, realizzate con un sistema molto semplice, cioè rimuovendo le pietre contenenti ossidi di ferro dalla superficie del deserto".

Gorka ha analizzato cinque geoglifi, concentrandosi sulle figure trapezoidali e misurando le anomalie del campo magnetico terrestre provocate da alcuni cambiamenti della densità del suolo a varie profondità. Lui e la sua équipe hanno percorso l'intero sito archeologico palmo su palmo con rilevatori terrestri manuali. "Abbiamo trovato molte altre linee - ha spiegato - all'interno delle figure trapezoidali, che non è possibile vedere neppure dall'alto. I geoglifi che osserviamo oggi sono l'ultimo stadio di un lungo processo di costruzione durante il quale l'intero complesso di disegni è stato costantemente modificato, rimodellato, cancellato e stravolto da un utilizzo progressivo".

In pratica i Nazca celebravano l'orca marina, il felino e tutte le altre divinità legate al culto dell'acqua e della fertilità camminando. Per chilometri e chilometri. Del resto, a questa antica civiltà peruviana fiorita fra il 300 a. C. e il 700 d. C. piaceva organizzare le cose in grande. Durante le feste religiose, per raccogliere i fedeli distribuiti su un territorio largo 1000 chilometri e altrettanto lungo si usava il gigantesco centro cerimoniale di Cahuachi, che però venne distrutto da un'alluvione nel 450 d. C. A quel punto i Nazca decisero di celebrare le divinità utilizzando solo i cammini sacri, oggi definiti "linee di Nazca", per gli indigeni "il deserto che parla". Le linee sono state realizzare con un tracciato unico, ad un'unica entrata e un'unica uscita, e ogni disegno finisce così come comincia. Questo è stato uno dei primi indizi che hanno portato alla teoria dei percorsi calpestabili. Tutto è stato realizzato rimuovendo le pietre dalla superficie del deserto e creando un contrasto con il pietrisco sottostante, più chiaro. La pianura di Nazca è ventosa, ma le rocce della superficie assorbono bene il calore e permettono all'aria di alzarsi, proteggendo il suolo. Grazie a questo sistema i disegni giganti sono rimasti intatti per migliaia di anni.

Il primo ad avvistarli fu l'aviatore Toribio Mija nel 1927, durante uno dei primi voli di linea sull'area. A lui sembrarono subito strade, ma gli studiosi impiegarono anni prima di cominciare a capirci qualcosa. Nel 1939 l'archeologo americano Paul Kosok studiò le linee trapezoidali ma solamente dal 1946, grazie alla tedesca Maria Reiche, si fecero ricerche approfondite sul loro significato. Secondo l'astrologa dietro linee e disegni ci sarebbe un calendario astronomico, e c'è addirittura chi pensa si tratti di piste d'atterraggio per extraterrestri. Come se non fosse abbastanza incredibile la teoria di un popolo che disegna se stesso per parlare con Dio.

(28 gennaio 2009)

venerdì 16 gennaio 2009

METANO SU MARTE- DA DOVE VIENE?

LO HANNO RIVELATO DATI TRASMESSI DALLA SONDA MARS EXPRESS DELL’ESA
Metano su Marte:
si pensa a un’origine biologica
Confermata la presenza del gas. Potrebbe essersi formato da decomposizione di vegetali o animali

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Il video


La sonda Mars Express ha rilevato grandi quantità di metano su MarteMILANO - Allora il metano sembra ci sia per davvero su Marte e questo significa che la ricerca della vita a cui il gas può essere legato, si va facendo più interessante. Se ne discute da qualche anno, da quando nel 2004, in particolare, il professor Vittorio Formisano, dell’Istituto di fisica dello spazio interplanetario, riferiva di averne trovato traccia esaminando i dati trasmessi dalla sonda Mars Express dell’Esa. Altri gruppi avevano poi dimostrato questa possibilità ma le discussioni sono continuate. Adesso Michael J.Mumma del Goddard Space Flight Center della Nasa ha precisato in una conferenza stampa e scritto sulla rivista americana Science di aver trovato consistenti quantità di metano provenienti da tre zone: Nili Fossae, Terra Sabae e Syrtis Major. Il gas rilevato esce dal suolo al ritmo di 0,6 chilogrammi al secondo e si è calcolato che nell’estate marziana 2003 nel giro di pochi mesi siano uscite circa 21 mila tonnellate di metano. «Questa è la prova definitiva della sua presenza su Marte» nota Mumma che indaga tale possibilità a partire dal 2001. Ora ha analizzato la luce riflessa dalle zone interessate notando attraverso l’analisi spettroscopica l’assorbimento di alcune righe che testimoniano la presenza del prezioso gas. Le discussioni in passato si erano accese anche perché delle osservazioni nel 2006 sembravano dimostrare che buona parte dello stesso gas fosse scomparsa. Approfondendo lo studio il risultato è stato diverso.

DA DOVE VIENE? - Ma adesso si pone la questione fondamentale della sua origine e qui i ricercatori sono ancora grandemente divisi. La provenienza, si spiega, può derivare da processi biologici (digestione animale o imputridimento di animali o vegetali) oppure per cambiamenti geologici, attività vulcanica o sorgenti calde sotterranee. Di queste ultime però le prove sono scarse e quindi oggi il partito dei sostenitori della tesi biologica sembra essere molto forte. «Forse dobbiamo pensare che nelle profondità marziane la vita sia davvero nascosta anche oggi» nota Lisa M.Pratt dell’Università dell’Indiana. Restano le difficoltà della rilevazione del metano adesso effettuata da Terra con i telescopi delle Hawaii. Naturalmente ora sia guarda all’esplorazione effettuata con le sonde e i robot per trovare conferma. E la prossima spedizione del grande rover Mars Science Laboratory della Nasa delle dimensioni di un SUV alimentato con energia nucleare sembra essere l’occasione adatta. La partenza di questo rover è stata rinviata al 2011 per difficoltà nella costruzione ed uno dei suoi possibili obiettivi di sbarco era proprio Nili Fossae che poi era stato però cambiato. Ora visto il rinvio, alla Nasa stanno considerando il ripristino della meta proprio per verificare se l’area è ricca di emissioni metanifere. La discussione si sta facendo sempre più interessante.

Giovanni Caprara
16 gennaio 2009

sabato 10 gennaio 2009

L'IGUANA ROSA


Ecco l'iguana rosa, uno dei più antichi segni dell'evoluzione della specie, che vive solamente nell'Isola di Isabela alle Galapagos. Il rettile è stato scoperto di recente (sfuggì al grande Darwin che non visitò quest'isola dell'arcipelago). Ora gli italiani Gabriele Gentile e Valerio Sbordoni dell'Università di Tor Vergata di Roma hanno dimostrato, attraverso studi genetici, che l'iguana rosa esiste da 5 milioni di anni: un vero "fossile vivente", molto più antico delle sue consorelle terrestri e quindi utilissimo per gli studi degli zoologi. Ma gli esperti lanciano l'allarme: "Servono subito sforzi per conservare questa specie da noi identificata e prevenirne l'estinzione, abbiamo bisogno urgente di nuovi fondi". Le foto di questa galleria, dalla 4 in poi, sono di Gabriele Gentile

domenica 4 gennaio 2009

LA SCOMPARSA DEI MAMMUTH

UNA PIOGGIA DI METEORITI

avvenne 12.900 anni fa e fece sparire quasi tutti i grandi mammiferi dell'epoca
Mammuth estinti in massa a causa di una pioggia di comete sul Nord America
Una ricerca dell'Università dell'Oregon ha trovato milioni di nano-diamanti che sono la prova del disastro

NEW YORK (USA) - Fu una vera e propria estinzione di massa. Avvenuta nel giro di pochissimo tempo. E ora sappiamo perchè. Una pioggia di meteoriti investì la terra 12.900 anni fa con la potenza di migliaia di bombe atomiche causando l'estinzione di mammuth, tigri dai denti a sciabola, bradipi giganti e quasi sterminando gli antichi indiani del Nord America.

LA RICERCA - È quanto sostiene una ricerca dell'università dell'Oregon pubblicata su Science sulla base del ritrovamento di milioni di nano-diamanti (della grandezza di un milionesimo di millimetro) nella fascia che dall'Arizona al South Carolina risale il continente fino agli stati canadesi dell'Alberta e di Manitoba. Per ottenere queste pietre servono altissime temperature e una pressione fortissima, situazioni generate da una serie di esplosioni simile a quella verificatasi nel 1908 a Tunguska in Siberia dall'impatto di un meteorite che polverizzò 2000 km quadrati di foresta. Doug Kenneth, il capo del team, ha spiegato che questi nano-diamanti sono stati ritrovati in gran quantità negli strati di terra corrispondenti a 12.900 anni fa quando oltre alla deflagrazione distruttiva la polvere sollevata in cielo causò anche una mini era glaciale durata circa 1.300 anni. Un periodo in cui nei sedimenti non si trovano più tracce dei grandi animali e minime degli indiani Clovis. La teoria, bisogna dirlo, non è unanimemente condivisa dagli studiosi di tutto il mondo, ma secondo quanto riporta Science manca al momento una ipotesi altrettanto credibile che la possa chiaramente confutare.