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domenica 28 dicembre 2008

L'UOMO FALENA

I misteri di Point Pleasant

Scritto da: Flavio Vanetti alle 22:21

Se qualcuno, la sera di Natale, non aveva meglio da fare che guardare la televisione e in particolare Raidue, si sarà imbattuto in una storia a mio giudizio formidabile e carica di mistero. Bisogna dire grazie a Voyager, trasmissione veramente interessante e ben fatta, per averci introdotto nel ricordo dei fatti clamorosi di Point Pleasant, paesino della West Virginia che da quel giorno divenne famoso per gli avvistamenti del cosiddetto "uomo falena" e per episodi strani e tragici che hanno tenuto banco per tredici anni. La cronistoria è particolarmente complicata, ma sul sito www.marcopirola.com è riassunta in maniera perfetta. Pertanto, ve la ripropongo prendendola direttamente da esso.

Point Pleasant, West Virginia, 15 novembre 1966.
Una coppia di ragazzi, Roger e Linda Scarberry con Steve e May Mallette, fece un giro in maccchina quella sera. Secondo il racconto dell'unica donna che ne volle parlare, passarono nei pressi di una fabbrica di TNT ormai in disuso dalla seconda guerra mondiale. All'interno di quella struttura di cemento, notarono due luci rosse molto intense. Incuriositi si fermarono e scesero dalla vettura. Sempre secondo la loro testimonianza, scrutando più da vicino, compresero che quelle due luci non erano altro che gli occhi rossi di un enorme animale “dalla forma di un uomo, ma più grosso, fra i sei e mezzo e sette di piedi di altezza, con grandi ali ripiegate sulla schiena”. Si trattava di Mothman, l'uomo falena. Terrorizzati fuggirono senza voltarsi verso la macchina e una volta risaliti si diressero a tutta velocità verso il centro della cittadina. Ma la loro storia non finiva li. A detta dei ragazzi, quella strana creatura volante li seguì per diversi metri fino al punto in cui le luci della città lo fecero sparire nel nulla. Impauriti ed increduli i quattro ragazzi raccontarono l'accaduto allo sceriffo Millard
Halstead, che qualche tempo dopo testimoniò:
"Conosco questi ragazzi da quando sono nati. Non si sono mai messi nei guai e quella notte erano davvero spaventati. Li ho presi sul serio."
Una cronista della zona, raccontando i fatti appena accaduti, ribattezzò lo strano volatile come Mothman (uomo falena). Nei mesi successivi questa strana creatura apparve a molti altri abitanti della zona e dei paesi limitrofi, attirando l'attenzione di media e studiosi. In molti cercarono di dare spiegazioni scientifiche e razionali. Alcuni pensarono si trattasse di un barbagianni un po' troppo cresciuto. Altri pensarono che la fantasia e la noia di quel gruppo di ragazzi fosse la principale causa di tutto il clamore. Fatto sta che gli avvistamenti di Mothman si susseguirono senza sosta.Alcuni mesi dopo la cittadina di Point Pleasant fu letteralmente invasa da uomini in nero. Men In Balck. Federali? Agenti della Cia? Testimoni li descrissero come persone incredibili, che non sapevano nemmeno cosa volesse significare il gesto di stringersi la mano. Persone di carnagione molto chiara, serie e ben vestite. Oltre a questo, scienziati e giornalisti dell'epoca venivano tempestati di telefonate anonime, spesso minacciati e spiati. Chiunque si occupasse di Mothman (l'uomo falena) veniva "perseguitato" dai Men In Black. Ma perché tutto questo? Se fu solo una storiella da niente, come mai tutto questo movimento e clamore? La cosa peggiore però fu il susseguirsi di incredibili vicende catastrofiche nella località del West Virginia. Decine di persone morirono negli anni seguenti l'avvistamento di Mothman. Un ponte crollò, due aerei si schiantarono nella zona e un uragano distrusse vite e case. Testimoni giurarono di aver visto l'uomo falena ogni volta che una di queste catastrofi colpiva la città.

Riflessioni e conclusioni

Il primo ragionamento che può essere fatto è anche il più scontato: possibile che sia un fenomeno di allucinazione collettiva? La risposta più sensata, a mio avviso, è un deciso "no, non è possibile". Numerosi autori hanno studiato il fenomeno degli avvistamenti di Mothman, traendone interpretazioni molto diverse. Autori come John Keel e A. B. Colvin considerano gli avvistamenti reali, e cercano di darne spiegazione. Keel, nel suo celebre romanzo-inchiesta The Mothman Prophecies (1976) sviluppa una articolata teoria del complotto che si propone di spiegare Mothman mettendolo in relazione con altri misteri come Ufo, Men in Black, poltergeist, avvistamenti di Bigfoot (esseri enormi, assimilati o equiparati allo Yeti), e infine con il crollo del Silver Bridge. Colvin sostiene che Mothman è una creatura soprannaturale con l'incarico di aiutare l'umanità in momenti critici e che la stessa creatura è nota come Thunderbird presso i nativi americani e come Garuda in Asia. Criptozoologi come Mark A. Hall hanno sostenuto che il Mothman sia in effetti un esemplare di una misteriosa specie animale riconducibile agli uccelli giganti del Pleistocene.Gli scettici (molti dei quali hanno contribuito ai numeri di marzo e aprile 2002 della rivista Skeptical Inquirer) ritengono che i testimoni si siano semplicemente sbagliati, scambiando per una creatura misteriosa un gufo, probabilmente di una specie di grandi dimensioni come il grande gufo cornuto (il più grande presente negli Stati Uniti). Stranamente anche il CSICOP (il "Comitato americano per l'indagine scientifica delle affermazioni sul paranormale") appoggia la strana teoria secondo la quale le persone abbiano scambiato un piccolo gufo per il gigantesco essere. E questo sebbene gli avvistamenti siano stati segnalati da più persone e in momenti diversi e tutti i dettagli, compresi quelli relativi alle enormi dimensioni dell'entità coincidono. Comunque lo si rigiri, questo dossier rimane uno dei più critici tra quelli riconducibili ad avvistamenti e contatti misteriosi e, soprattutto, ancora da risolvere in maniera chiara. Mi permetto di aggiungere un dettaglio secondo me non trascurabile: la vicenda dell'uomo-falena mi ha subito riportato a quella dell'avvistamento di figure alate da parte di un marinaio della corazzata Caio Duilio nel mare di Taranto durante la Seconda Guerra mondiale. Come spesso si verifica in altre tipologie di avvistamento, ventun anni prima, da tutt'altra parte del mondo, s'era dunque registrato qualcosa di simile. E non solo lì: i personaggi con le ali, infatti, sono una delle categorie con le quali nell'ufologia vengono censite entità che si vuole appartengano a realtà extraterrestri.

Scoperta su Marte una zona più favorevole alla vita

E' la «Fossa del Nilo», ricca di carbonati e altri minerali legati alla presenza dell’acqua

La «Fossa del Nilo» (Nasa)
La «Fossa del Nilo» (Nasa)
MILANO - Su Marte hanno trovato una regione «più ospitale» e quindi più favorevole alla vita. Gli occhi elettronici della sonda Mars Reconnaissance Orbiter della Nasa in orbita attorno al Pianeta Rosso hanno identificato un’area dal nome suggestivo «Fossa del Nilo» ricca di carbonati e altri minerali legati alla presenza dell’acqua. Insieme dimostrano come la caratteristiche geologiche della zona fossero 3,5 miliardi di anni fa meno acide rispetto ad altri luoghi e quindi più favorevoli ai processi biologici. Materiali analoghi erano stati rinvenuti solo occasionalmente e in quantità minime in altre zone mentre ora costituiscono la base geologica delle rocce.

LA FOSSA DEL NILO - La Fossa del Nilo è un’articolata formazione lunga 666 chilometri all’estremità del bacino di Iside, una vasta area di 1500 chilometri di diametro. Nelle prime epoche della sua vita Marte possedeva una spessa atmosfera di anidride carbonica che intrappolava il calore e rendeva l’ambiente marziano molto simile a quello della Terra nelle prime epoche della sua evoluzione. Per questo gli scienziati ritengono che sul Pianeta Rosso in quelle condizioni dovrebbe essersi sviluppata la vita almeno nelle forme unicellulari. Ed è quello che si va cercando con le spedizioni spaziali della Nasa. Buona parte dei componenti dell’anidride carbonica atmosferica delle origini si dovrebbe ritrovare nel suolo per effetto della deposizione. Ma non è questo il caso. «Anche se non abbiamo trovato i tipi di carbonati che possono essere precipitati dall’antica atmosfera – spiega Bethany Ehlmann della Brown University di Providence che ha presentato il risultato al congresso della società geologica americana - abbiamo raccolto la prova che non tutta la superficie marziana aveva subito un’acidificazione attraverso le piogge 3,5 miliardi di anni fa come era stato ipotizzato. Noi abbiamo individuato almeno una regione che era potenzialmente più ospitale alla vita rispetto al resto del globo».

Giovanni Caprara
20 dicembre 2008

lunedì 8 dicembre 2008

sabato 22 novembre 2008

la pantera di Siena

avvistata e fotografata la pantera nera nella campagna senese

martedì 21 ottobre 2008

FOTOGRAFATE LE IMPRONTE DELLO YETI?

Fotografate le orme dello Yeti


La scoperta di una spedizione giapponese
E se Messner avesse avuto ragione? Dall'Himalaya arriva stamane una notizia bomba: un gruppo di alpinisti giapponesi sostiene di aver fotografato le impronte del leggendario Yeti, sulla cui reale esistenza si dibatte ormai da decenni. L'alpinista Kuniaki Yagihara racconta che la spedizione giapponese composta da 7 alpinisti ha trascorso 42 giorni sui pendii del Dhaulagiri, nel nord del Nepal. Si tratta del terzo viaggio nella regione per Yagihara, che ha fondato lo "Yeti Project Japan".

La spedizione avrebbe fotografato numerose impronte sulla neve ad un'altitudine di circa 4.400 metri. Yagihara sostiene addirittura di aver intravisto con il binocolo una sagoma bruna, ma di non essere sicuro che si trattasse proprio di quella dello yeti, perchè si trovava troppo distante, a poco meno di un chilometro. Sullo Yeti, l'abominevole uomo delle nevi, tanto si è scritto, detto, raccontato; sono stati pubblicati libri, girati film e organizzate innumerevoli spedizioni alpinistiche. Ma il dilemma continua a non esser sciolto: esiste davvero o è solo una leggenda? Le prime notizie dell'esistenza dello Yeti risalgono al 1832, quando un inglese che aveva vissuto in Nepal, riferì delle convinzioni della popolazione locale.

Nel 1921 una spedizione inglese all'Everest incontrò l'incredibile creatura e ben 32 testimoni (sei britannici e 26 sherpa) riferirono di aver visto le impronte dello yeti. Nel 1953, anno della prima ascensione all'Everest, lo stesso Sir John Hunt, il capo spedizione di Edmund Hillary, raccontò di quanto gli venne riferito da un monaco locale, che aveva visto uno yeti giocare nella neve nel posto dove la spedizione si stava accampando. Per ora, il mistero non è stato risolto.

mercoledì 8 ottobre 2008

mercoledì 24 settembre 2008

la fonte della fertilità

È in Australia la fonte della fertilità

«Dopo aver fatto il bagno a Kununurra sette donne del cast del mio film sono rimaste incinte. Me compresa»

Nicole Kidman e il marito Keith Urban (Ap)
Nicole Kidman e il marito Keith Urban (Ap)
SYDNEY - Sei femmine e un maschietto. Sette donne del cast del film Australia, diretto dal regista Baz Luhrmann, sono rimaste incinte dopo aver fatto il bagno in uno dei laghetti formati dalle cascate di Kununurra, nello Stato dell'Australia occidentale. Lo ha confermato Nicole Kidman, 41 anni, che a luglio è diventata mamma della piccola Sunday Rose.

INCINTA A 41 ANNI - «Non avrei mai pensato di restare incinta e di avere un bambino, ma è successo grazie a questo film», ha raccontato l'attrice premio Oscar. «C'è qualcosa nella acque di Kununurra, perché tutte noi siamo andate a fare il bagno alle cascate. Adesso possiamo chiamarle acque della fertilità», ha detto l'ex moglie di Tom Cruise, con il quale aveva adottato due bambini, Isabella (15 anni) e Connor (13). Il film Australia è stato girato nei pressi di Kununurra, una cittadina nel nord dello Stato dell'Australia occidentale. Il film, che narra la storia di una nobildonna che guida una mandria durante il periodo della seconda guerra mondiale, uscirà in novembre.


24 settembre 2008

martedì 16 settembre 2008

Altino



Le foto della città segreta
«Così è nata Venezia»

Ora si potranno avviare gli scavi per portare alla luce quanto è stato «fotografato» nell'area protetta

MILANO — La città da cui ha avuto origine Venezia ha finalmente un volto. È Altino, a una decina di chilometri a nord della «perla della Laguna », ed è (per il momento) nascosta sotto la campagna. Ma ora grazie alle nuove tecnologie di telerilevamento ed elaborazione, strade, palazzi, edifici pubblici, quartieri, hanno preso corpo e sono chiaramente visibili. Scavando, a circa un metro di profondità, si troverebbero le fondamenta degli edifici. In passato si era identificato il perimetro delle mura, adesso al loro interno si scorgono due teatri, il foro con possibili tracce di templi, il corso d'acqua che l'attraversava. E al di fuori un grande anfiteatro.

È quanto gli abitanti hanno lasciato dopo essersi portate via le pietre con le quali hanno poi costruito le case di Venezia. Accade nel VII secolo dopo Cristo dopo che Attila a capo degli Unni invade i territori veneti e dopo che i Longobardi scorporano, sotto l'esarcato di Ravenna, la parte marittima. Appunto per sfuggire alle violenze, Altino viene abbandonata e spoliata per rinascere sulle isole nel cuore della laguna più splendente protetta dalle acque. Il suo primo insediamento risaliva al VI secolo a.C. romanizzandosi pacificamente intorno al II secolo. Sorgeva lungo una grande strada, l'Annia, e il suo porto diventava uno dei maggiori scali commerciali romani dell'Italia Nordorientale e un nodo strategico tra le rotte marittime adriatiche e le vie consolari verso l'area danubiana. Quando arrivano i barbari la decadenza di Altino, comunque, era già iniziata da tempo ed era ormai inarrestabile. Il volto nascosto della città è frutto di una ricerca condotta dal Dipartimento di geografia dell'Università di Padova nell'ambito di un progetto finanziato da Arcus e sostenuto dalla Regione Veneto, dal Comune di Padova e dalla Soprintendenza per i beni archeologici del Veneto. «Elaborando le immagini fornite da Telespazio assieme a quelle da noi ottenute con ricognizioni aeree nella lunghezza d'onda del visibile e dell'infrarosso — spiega Paolo Mozzi, coordinatore della ricerca a cui ha partecipato Alessandro Fontana — siamo riusciti a costruire la mappa della città facendo emergere le strutture nascoste valutando diversi parametri comprendenti dalla disposizione della vegetazione all'umidità del suolo».

venerdì 29 agosto 2008

gatti con le ali in cina

mostro di loch ness svedese

Filmato il "mostro di Loch Ness" svedese
L'animale, misurerebbe fino a 12 metri, "incastrato" dalle telecamere installate da un'associazione locale

STOCCOLMA (Svezia) - Una bizzarra quanto leggendaria creatura, come il più famoso mostro di Loch Ness, si aggira da quasi trecento anni in un lago in Svezia. Ora è stata catturata in un filmato pubblicato in rete. Nessie ha un parente svedese? Il suo nome è «Storsjöodjuret», che significa «la bestia del lago Storsjö». Secondo alcuni ha l'aspetto di un verme gigante con grandi occhi scuri e due protuberanze ai lati della testa, simili a delle orecchie.

L'animale marino, se tale si tratta, misurerebbe fino a 12 metri e nuota con un curioso movimento ondulatorio, esattamente come il suo "cugino", il mostro di Loch Ness. Centinaia sono finora le testimonianze di avvistamenti raccolte negli ultimi vent'anni, ma da almeno tre secoli i pescatori locali narrano di creature sconosciute che attraversano lo Storsjö, che misura una profondità di appena 74 metri. «Giovedì, alle 12.21 abbiamo filmato il movimento di un essere vivente», ha comunicato l'associazione svedese che ha installato delle videocamere proprio nel lago a Storsjö. «Siamo sicuri che non si tratta di un luccio, un pesce d'acqua dolce, e nemmeno di un pesce persico», ha detto Gunnar Nilsson, portavoce dell'associazione commerciale del comune di Svenstaviks, alle sponde del lago.

L'associazione aveva installato, col supporto della provincia di Jämtland, sei camere nel giugno scorso e tra queste anche due sottomarine. Lo scopo del progetto da 43.000 euro era quello di risolvere una buona volta, con tanto di prove in mano, il quesito sul "Nessie svedese", avvistato per la prima volta nel lontano 1635. Dalle immagini pubblicate dai giornali svedesi e su Internet si intravede effettivamente la silhouette di una sorta di grosso serpente che nuota e si attorciglia in acqua. La sequenza non è, tuttavia, del tutto chiara. Ciò nonostante, gli abitanti del posto e i moltissimi fan si dicono entusiasti: «Siamo ancora eccitati da questo essere spettacolare», ha detto Nilsson. Motivo del progetto è naturalmente anche quello di rilanciare il commercio e il turismo in questa parte, finora poco conosciuta della Svezia e, dice Nilsson, «l mostro in questo senso, ci aiuta moltissimo».

martedì 19 agosto 2008

sabato 2 agosto 2008

IL MOSTRO DI MONTAUK

le foto di una "creatura" trovata su una spiaggia di new york scatenano ipotesi fantasiose

Il mostro di Montauk fa impazzire il web

È un cane? Una tartaruga senza guscio? Un esperimento andato male? O solo una campagna di marketing virale?

«Montauk monster»: ecco quello che decine di migliaia di navigatori americani digitano compulsivamente in Google per trovare qualche informazione sul fenomeno web del momento. Una vera mania scatenata da un paio di immagini (guarda) che inquadrano una "creatura" misteriosa ritrovata sulla spiaggia di Montauk, a Long Island (New York).

La 'creatura' di Montauk
La "creatura" di Montauk
MARKETING - Un essere dall'aspetto vagamente demoniaco, un po' cane e un po' rapace, sul quale si sono buttati a pesce i teorici della cospirazione, che su Internet vanno a nozze. Il blogger che per primo ha pubblicato la foto ha subito sottolineato che il "mostro" è stato trovato non lontano dalla "Plum Island Animal Research Facilities", struttura del governo americano che si occupa di malattie animali. In breve il caso sembrava chiuso con l'ipotesi più ragionevole, quella di uno scherzo legato a una campagna di marketing virale per una nuova serie animata di Cartoon Network. Ma la tv ha negato decisamente, chiudendo la pista. D'altronde l'origine stessa delle immagini è tipica delle leggende metropolitane. «Ero a una festa questo fine settimana e ho incontrato una coppia che era disorientata da questa foto». I soliti non meglio precisati "amici" che alimentano tutte le "urban legend" (una tv locale ha poi intervistato tre amiche che sostengono di aver scattato le immagini in questione). Diverse ipotesi restano in pista al momento, ma nessuna sembra essere del tutto convincente: un cane, una tartaruga senza guscio, un procione, una nutria. Oltre a quelle più fantasiose (un esperimento su animali andato male, un gargoyle, un alieno) e al suggerimento più sensato (la "photoshoppata"), che resta in cima alla lista. La caccia alla verità resta aperta.

Paolo Ottolina
01 agosto 2008

venerdì 1 agosto 2008

acqua su Marte

a sonda Phoenix ha analizzato a fondo un campione di suolo
confermando i risultati già ipotizzati in precedenza
La Nasa: "C'è acqua su Marte
L'abbiamo toccata ed esaminata"
La missione è stata prolungata di cinque settimane, fino al 30 settembre


WASHINGTON - La Nasa ha ufficialmente confermato oggi che c'è acqua su Marte. Le prove dell'esistenza di acqua su Marte sono state fornite dalla sonda Phoenix. "Abbiamo le prove", ha detto il ricercatore della University of Arizona William Boynton in una dichiarazione della Nasa.

"In precedenza avevamo osservato la presenza di acqua ghiacciata - ha aggiunto riferendosi alle osservazioni fatte con la sonda Mars Odyssey - ma questa è la prima volta che acqua su Marte è stata toccata ed esaminata".

domenica 27 luglio 2008

YETI


l'abominevole uomo delle nevi

Yeti, peli di una creatura misteriosa
trovati nella giungla indiana

I test dimostrano che il materiale appartiene a una specie sconosciuta. Ora si attende l'esame del Dna

DAL NOSTRO INVIATO

LONDRA – Finora era una di quelle leggende alimentate da continui avvistamenti ma mai sostenute da uno straccio di prova. Invece ora gli scienziati pensano che l’abominevole uomo delle nevi sia esistito o addirittura esista davvero. Lo dimostrerebbero due peli trovati in una giungla indiana dove le popolazioni locali giurano di aver visto più volte la terribile creatura.

ENTUSIAMO - I test, condotti dalla Oxford Brookes University, dimostrano che il materiale non appartiene a nessuna specie conosciuta e che ha «un’incredibile somiglianza» con i peli trovati da Edmund Hillary sull’Himalaya mezzo secolo fa. «E’ la prova più evidente – ha detto all’Independent on Sunday Ian Redmond, esperto di scimmie antropomorfe – che lo yeti possa esistere. Siamo entusiasti dei primi risultati, anche se ci sono ancora molti test da fare». I due peli, rispettivamente di 33 e 44 millimetri, sono stati trovati sulle colline Garo, nel nord est dell’India, circa cinque anni fa. Lì la gigantesca creatura, chiamata dagli indigeni "mande barung" (ovvero "uomo della foresta"), era stata avvistata per tre giorni di seguito mentre devastava alberi e piante. Il materiale è poi stato spedito in Gran Bretagna dove è passato all’esame degli esperti.

PROFILO GENETICO - «Eravamo sicuri che appartenesse a una specie conosciuta – ha detto ancora Redmond -. Invece no». I peli saranno ora ingraditi da un potentissimo microscopio e spediti in due diversi laboratori per estrane il Dna. Sarà quella la prova del fuoco. Se il profilo genetico non corrisponderà a nessuna creatura vivente, allora si potrà affermare con sicurezza che lo yeti, o qualcosa di molto simile a lui, esiste davvero. Come sostengono da anni tante popolazioni locali sparse nel mondo, dal Canada al Nepal e all’Indonesia.

Monica Ricci Sargentini
27 luglio 2008

venerdì 25 luglio 2008

FUOCO INSPIEGABILE



Sa di film del terrore la storia degli incendi che misteriosamente, da giugno, divampano in due case confinanti di Lastra a Signa. Ieri un tappeto persiano ha preso fuoco nella camera da letto. Solo l'ultimo degli strani episodi che hanno visto andare in fiamme giocattoli, stracci, grembiuli e materassi.
IL PROPRIETARIO. «Non vi ho chiamati prima e per telefono non vi ho spiegato cosa stesse succedendo perché temevo che non mi credeste». Così ha detto ai carabinieri il proprietario dell'abitazione di Ginestra fiorentina dove si stanno verificando gli incendi misteriosi. L'uomo ha 39 anni e ieri ha chiamato i carabinieri perché il suo tappeto aveva preso fuoco. Nella telefonata ha chiesto aiuto ma senza spiegare il motivo. Aveva paura che non gli avrebbero mai creduto. E ora la famiglia vorrebbe evitare pubblicità:«Non vogliamo intrusioni nella nostra vita, c’è la privacy».
GLI OGGETTI IN FIAMME. Dallo scorso giugno e sempre di notte divampano strani incendi, «inspiegabili» secondo vigili e carabinieri, in due abitazioni confinanti a Ginestra fiorentina. Il primo episodio riguardò una macchina giocattolo coperta da un telo. In quel momento si pensò a una sigaretta spenta male. Ma poi (10 e 13 luglio) hanno preso fuoco anche uno strofinaccio, una sedia in legno, altri giocattoli e un grembiule per bambini. L'ulimo episodio è di ieri sera, quando è andato in fiamme un tappeto che era nella camera da letto e uno straccio da cucina che era nello sgabuzzino. Nella stessa abitazione, il 17 luglio, avevano preso fuoco un cuscino e un materasso mentre erano presenti i vigili del fuoco. Questi, rimasti non poco impressionati, avevano perlustrato la casa, senza trovare alcuna traccia di materiale infiammabile.
I VIGILI. Non c'è nessuna causa apparente, secondo i vigili del fuoco che stanno procedendo agli accertamenti. I pompieri stanno confrontando le relazioni fatte nei vari interventi. Inizialmente infatti non avevano destato particolare attenzione vista la scarsità dei danni e degli eventi. «Ad ora - hanno detto - l’origine degli incendi non è stata definita e sarebbe prematuro azzardare una spiegazione».
IL PRECEDENTE. Gli abitanti di Lastra a Signa non ricordano vicende simili. Ma i fatti ricordano quanto avvenne nel 2004 nella frazione di Canneto, a Caronia (Messina), dove ci furono alcuni incendi misteriosi in un piccolo gruppo di abitazioni. Su quei casi la procura di Mistretta aprì un’inchiesta, poi archiviata nel giugno del 2008. Secondo i periti della procura, non c’erano dubbi: dietro gli incendi c’era un intervento umano. Furono una quarantina gli abitanti del borgo a denunciare i roghi.
25 luglio 2008

giovedì 24 luglio 2008

CAPRE A QUATTRO CORNA


Il villaggio di Kokpekty, nel cuore del Kazakistan, è balzato al centro dell'attenzione degli zoologi per la diffusione di una curiosa "nuova" specie: la capra a quattro corna. Una stranezza che è stata già individuata in altre parti del mondo, come la Francia, ma che ha il suo picco a Kokpekty.

venerdì 18 luglio 2008

Il mistero di Tungutska 2

Il 30 giugno 1908 la terribile esplosione di Tungutska, nella taiga più desolata
Extraterrestri, cometa di ghiaccio o meteorite: un secolo dopo è ancora giallo

Italiani sulle tracce degli Ufo
Indagine nel cuore della Siberia


Italiani sulle tracce degli Ufo Indagine nel cuore della Siberia

Il lago Ceka

dal nostro inviato LEONARDO COEN
MOSCA - Saranno forse i ricercatori italiani a svelare l'enigma di Tunguska che resiste dal mattino del 30 giugno 1908, quando alle 7,14 un misterioso oggetto di forma oblunga, più luminoso del sole, attraversò il cielo e precipitò nei pressi del fiume Podkammennaya Tunguska, in una regione abbandonata da Dio e dagli uomini della Siberia centrale, dove la taiga si fa palude e il suolo resta ghiacciato per almeno otto mesi l'anno.
In questi giorni a Vanavara, sperduto paese della regione siberiana di Krasnojarsk, festeggiano il centenario del Grande Impatto, nella nuova piazza hanno installato un monumento che riproduce un meteorite, e per le strade si vedono in giro facce nuove, gente abbigliata come Indiana Jones, persone che hanno per idolo il mitico Leonid Kulik, il primo esploratore che nel 1927 osò avventurarsi nella Grande Terra Morta, oltre il fiume Podkammennaya Tunguska, un affluente dello Jenissej: sono i turisti dell'impossibile, i cacciatori di Ufo, gli indagatori dei segreti più tenebrosi. Perché a Tunguska successe qualcosa che ancora dopo un secolo nessuno è riuscito a scoprire. Fu l'impatto più violento e devastante della nostra era: si levò un'immensa colonna di fuoco che raggiunse i quindici chilometri d'altezza. Il boato fu udito a centinaia di chilometri di distanza.

I treni della Transiberiana, 500 chilometri più a sud, rischiarono di deragliare. Un'onda incandescente carbonizzò ottanta milioni di betulle ed abeti, un'area di oltre 2mila chilometri quadrati si trasformò in un deserto di cenere e di fango radioattivo, fu come se fosse scoppiata mille volte la bomba di Hiroshima, si valuta oggi che la potenza dell'esplosione fosse di 15 megaton. Gli osservatori geofisici registrarono violente tempeste magnetiche, sino in Europa Settentrionale.
Cominciò a cadere sulla Siberia pioggia nera, e gli sciamani predissero disgrazie e morte per la Russia. I quotidiani Krasnoyarets e Sibir riportarono drammatiche testimonianze. La più celebre è quella del contadino Semen Semenov di Vanavara, un paese che distava dal luogo dell'impatto circa settanta chilometri: "Ero seduto in casa per far colazione nella fattoria, esposta a nord. D'improvviso vidi che proprio a nord, sopra la strada per Tunguska di Onkoul, il cielo si era diviso in due e il fuoco appariva in alto e si estendeva sopra tutta la foresta. La spaccatura in cielo si allargò e tutta la parte nord si coprì di fuoco. Per un attimo persi i sensi. Mia moglie uscì fuori e mi accompagnò in casa. Dopo di ciò, arrivò un tal fragore, come di rocce che cadevano o di cannoni che sparavano, e la terra tremò".

I vetri delle finestre andarono in frantumi. L'ondata di calore danneggiò le coltivazioni. I contadini maledirono quel giorno. Oggi, invece, frastornati dall'insolito traffico, dai visitatori e dalle autorità che si presentano a Vanavara col seguito di cameramen, giornalisti e scienziati, benedicono il "corpo celeste" che piovve dal cielo, "brindiamo alla salute del meteorite!" si sente dire in questi giorni di festa e ricorrenze, e in cuor loro gli abitanti del paese sperano che il mistero non venga mai svelato: "Molti dicono che noi paghiamo gli scienziati affinché non risolvano l'enigma", scherza Jaroslav Malashyj, capo dell'amministrazione provinciale di Evenkia.

E in effetti, attorno al mistero di Tunguska ci sono più dispute che certezze. Chi aveva ucciso la taiga? Chi aveva sterminato migliaia di renne, distrutto foreste per una regione vasta quanto le Marche? Un asteroide di pietra? Una cometa di ghiaccio? Oppure, come ipotizzano i "cacciatori" d'Ufo, un'astronave aliena esplosa mentre sorvolava la Terra? Lo scienziato Kulik suppose che la causa fosse un meteorite di ferro e nichel. Per dodici anni setacciò la zona. Ma non trovò un solo grammo di quel meteorite.

Durante una conferenza presso l'Accademia delle Scienze russa, il team capeggiato da Giuseppe Longo, professore di fisica all'università di Bologna ha annunciato di avere scoperto le tracce di un probabile cratere d'impatto: il lago di Ceko, a 8 chilometri dall'epicentro dell'esplosione. La speranza di Longo e dei suoi collaboratori è di recuperare un frammento dell'oggetto cosmico. Longo e il suo gruppo si occupano di Tunguska dal 1991: poco per volta, ipotizzarono che la deflagrazione nell'atmosfera di un asteroide o di una cometa avesse determinato la formazione del lago Ceko, vicino al fiume Kimciu. La sua forma a imbuto, leggermente ellittica, è molto diversa da quella tipicamente piatta degli altri laghi siberiani. A volte, basta una semplice intuizione a risolvere il più intricato dei misteri.

martedì 15 luglio 2008

venerdì 27 giugno 2008

il mistero di Tungutska 1

Le ricerche continuano, anche da parte degli italiani

Cento anni fa sui cieli della Siberia
un'esplosione da mille bombe atomiche

Tra le ipotesi la disintegrazione di un asteroide, ma anche lo «scontro» con un blocco di antimateria cosmica

Un'immagine della foresta carbonizzata (da www.americandigest.org)
Un'immagine della foresta carbonizzata (da www.americandigest.org)
Che un secolo fa, in piena Siberia, si sia verificata un’esplosione equivalente a mille bombe nucleari di tipo Hiroshima, e che quel remoto fenomeno rimanga ancora un problema insoluto, malgrado decine di esplorazioni e ricerche, è uno smacco per la moderna ricerca scientifica. Ma proprio questa è la storia della misteriosa esplosione di Tunguska, che il 30 giugno 2008 compie esattamente 100 anni: tante supposizioni, tanti tenui indizi, e ancora nessuna ipotesi definitivamente provata. Caduta di una cometa o di un asteroide? Esplosione di una bolla naturale di gas metano? Oppure, per scivolare sul fantascientifico, collisione fra il nostro pianeta e un grumo di antimateria? O lo schianto di un’astronave aliena? Sul caso Tunguska, negli ultimi anni, se ne sono lette di tutti i colori, da credibili ipotesi pubblicate su qualificate riviste scientifiche, ad articoli e libri di fiction privi di qualunque fondamento. Il centennale del mistero della Tunguska, ancora oggi irrisolto, merita un’attenta ricostruzione dei fatti.

ACCECANTE COME UN SOLE - Il 30 giugno 1908 alle 7,14 del mattino, quando sull'altopiano siberiano è giorno affermato, appare un oggetto simile a un disco solare, con una luminosità ancora più accecante del Sole. Sfreccia da Sud-Est a Nord-Ovest, riempiendo il cielo di bagliori intermittenti blu e bianchi e lasciandosi dietro una scia di fuoco e fumo. Fende l'aria con un sibilo, poi piega verso il suolo e inonda l'orizzonte di un rosso cupo, prima di scomparire con un sordo boato. Alcuni riferiscono di aver visto distintamente il disco luminoso, contornato da tutti i suoi fenomeni accessori; altri lo percepiscono soltanto indirettamente, come un lampo, una colonna di fumo, un tremendo tuono che fa vibrare l'aria e il terreno. L’oggetto sembra cadere in una zona disabitata, immediatamente a Nord di un corso d'acqua riportato in tutte le carte geografiche, Tunguska, uno di quei grandi fiumi che dalle alture orientali si tuffano nel bassopiano siberiano a ingrossare le acque dello Jenisej. Il paesaggio è quello tipico dell'altopiano siberiano: catene montuose e vallate che si succedono monotone, ricoperte dalla taiga, la fitta foresta di conifere secolari. Tutto attorno, una complessa rete fluviale, punteggiata da paludi malsane. La zona, d’inverno, è il regno delle nevi e dei ghiacci, con temperature che scendono oltre i 50°C sotto lo zero. In quella regione, che ai primi del secolo era in gran parte inaccessibile e in parte abitata da popolazioni di cacciatori nomadi, l'oggetto non identificato sceglie una depressione naturale per scatenare tutta la forza del suo impatto: una conca circondata da colline e montagne e ricoperta da alte conifere. Le esatte coordinate geografiche, determinate 19 anni dopo il fatto, sono 60° 53’ 09” di latitudine Nord; 101° 53’ 40” di longitudine Est.

LA FORESTA CARBONIZZATA - Il disastro è di vastissime proporzioni: circa 2mila km quadrati di foresta bruciata e devastata, migliaia di animali abbattuti e, stando alle testimonianze locali, molti cacciatori e abitanti di povere capanne feriti e ustionati; ma, a quanto sembra, nessun morto. Ancora oggi, a testimonianza di quel cataclisma, resistono centinaia di tronchi di alberi abbattuti e carbonizzati, a indicare con il loro orientamento gli effetti dell’onda d’urto. I fenomeni luminosi sono avvertiti entro un raggio di 600-700 km; quelli acustici uditi fino a mille km di distanza. Per dare un'idea della portata del fenomeno, se fosse accaduto a Roma, sarebbe stato visto da un capo all'altro della penisola e udito da Francoforte a Tripoli, da Barcellona a Belgrado. Il mondo è e rimarrà per parecchio tempo inconsapevole dell'evento, ma i sensibili pennini dei sismografi e dei barografi dell'Europa intera registrano l'accaduto che è interpretato come uno dei tanti terremoti lontani. Molti anni più tardi, saranno gli studi comparativi delle registrazioni sismiche e barometriche, a permettere di calcolare la potenza scatenata dall'esplosione della Tunguska che fu di circa 13 mila kilotoni, equivalente cioè a un migliaio di bombe come quella sganciata su Hiroshima. Le notti successive un altro e più appariscente fenomeno s’impone alle popolazioni europee e asiatiche delle alte latitudini: molte ore dopo il tramonto del Sole persiste una luminosità crepuscolare di straordinaria intensità. I giornali parlano di «fantasmagorici bagliori notturni» e gli astronomi spiegano che, probabilmente, si tratta di aurore boreali connesse all'attività del Sole.

IL CRATERE CHE NON C’E’ - Trascorso il turbine della prima guerra mondiale e della rivoluzione bolscevica, bisognerà aspettare il 1921 perché un ricercatore del Museo di Mineralogia di Petrograd, Leonid A. Kulik, incuriosito dai ritagli ormai ingialliti dei giornali del 1908, decida di compiere il primo sopralluogo nella zona del disastro. Si reca, innanzitutto, nei centri più popolosi ai margini dell'area colpita, alla ricerca di testimoni oculari, e raccoglie una grande quantità di prove. Riesce a ricostruire la traiettoria del corpo, pensa che si tratti di un grosso meteorite che cadendo a terra ha scavato un cratere e ritiene di poterlo scoprire, recuperando anche i frammenti del presunto corpo celeste. Per aver successo nell'impresa occorre una spedizione ben organizzata, in grado di penetrare tra le foreste e le montagne che circondano il luogo dell'impatto. Kulik impiegherà sei anni per convincere i membri dell'Accademia Sovietica delle Scienze a finanziare l'impresa. Ma la ricognizione non dà i risultati sperati: dopo mille fatiche e difficoltà, lo studioso non trova ne’ il cratere, ne’ i frammenti del meteorite.

COMETA O ASTEROIDE? - Per superare queste contraddizioni, comincia a farsi strada un'idea, avanzata nel 1930 dall'inglese J. W. Whipple, che identifica l'oggetto con il nucleo di una piccola cometa avente circa 40 m di diametro, una stima che sarà poi rivalutata da alcuni astronomi favorevoli a questa ipotesi. Un nucleo cometario, ragiona Whipple, penetrando ad alta velocità nell'atmosfera, può dare luogo a un'onda d'urto e a un'esplosione distruttive e, nello stesso tempo, a causa della sua bassa densità e della sua struttura a conglomerato di ghiacci e polveri, può disintegrarsi completamente, disperdendo una grande quantità di piccoli grani solidi. Si spiegherebbero in questo modo il fenomeno delle notti lucenti, il mancato ritrovamento di grossi frammenti meteoritici e l'assenza di crateri da impatto. Questa, ancora oggi, è l’ipotesi sostenuta da molti scienziati russi. Quelli occidentali, invece, propendono per un piccolo asteroide, anche questo esploso e vaporizzato in aria, tra 5 e 10 km d’altezza, che avrebbe lasciato al suolo soltanto tracce microscopiche.

IL MISTERO IN FONDO AL LAGO - La Tunguska ha attratto l’attenzione anche di un gruppo di studiosi italiani coordinato dal professor Giuseppe Longo, un fisico dell’Università di Bologna. Essi, dopo sopralluoghi e analisi, pensano di avere individuato in un piccolo laghetto denominato Cheko, il cratere scavato da uno dei frammenti del presunto asteroide. L’ipotesi, avanzata in un articolo sulla rivista scientifica Terra Nova (agosto 2007), non è condivisa da altri esperti e richiederà ulteriori esplorazioni sul fondo del lago, alla ricerca di eventuali frammenti del corpo celeste, per essere provata. Fra le ipotesi più stravaganti ne esistono due che tuttavia si basano su studi scientifici qualificati. La prima, elaborata da Willard Libby, lo scopritore della tecnica di datazione col carbonio 14, si basa proprio sull’abbondanza di questo isotopo riscontrata negli anelli di accrescimento degli alberi subito dopo il fenomeno: fatto che viene attribuito alle conseguenze di una possibile annichilazione fra la materia terrestre un blocco di antimateria spaziale venuto a contatto con l’alta atmosfera. La seconda ipotesi esotica, avanzata da un gruppo di fisici dell’Università del Texas, riconduce i fenomeni descritti in Siberia nel 1908 allo scontro fra il nostro pianeta e un mini buco nero, come quelli la cui esistenza è stata postulata dall’astrofisico Stephen Hawking. Il centenario della Tunguska sarà celebrato anche su internet, il 28 giugno 2008 alle ore 22, con una diretta web interattiva tenuta dall’astronomo Gianluca Masi sul sito www.coelum.com

Franco Foresta Martin

mercoledì 25 giugno 2008

ufo al telefonino

Ufo: militari Gb riprendono con il telefonino dischi volanti

dal corriere online

LONDRA - Ancora presunti avvistamenti di Ufo nel Regno Unito. Alcuni militari della caserma di Tern Hill, a Market Drayton, hanno assicurato di aver avuto un incontro ravvicinato con "13 Ufo" sabato 7 giugno. Il caporale Mark Proctor ha detto di essere riuscito a riprenderne un paio con il telefonino. Lo scrive oggi il 'Sun' in prima pagina. Un altro militare ha detto che gli oggetti nel cielo erano una trentina. Un portavoce della Difesa britannica ha fatto sapere che e' stata aperta un'inchiesta: "Per ogni notizia sugli Ufo verifichiamo se si tratta di una minaccia militare". La settimana scorsa un elicottero della polizia aveva incrociato in Galles "un oggetto rotante bordato di luci multicolori sui bordi". L'elicottero aveva rischiato la collisione, poi aveva tentato di inseguire l'oggetto. Alla fine aveva dovuto desistere per mancanza di carburante. (Agr)

sabato 21 giugno 2008

il codice segreto di Michelangelo





Nel 1975 il chirurgo dell’Indiana Frank Mershberger entra per la prima volta nella Cappella Sistina, guarda l’affresco sulla Creazione di Adamo e prova una sensazione di strana famigliarità. Poi rimane di stucco. Dio che tende la mano verso Adamo è raffigurato dentro un mantello che è l’esatta sezione di un cervello umano, quasi fosse stato copiato dal manuale di una scuola di medicina.

«Perché mai Michelangelo ha messo Dio dentro un cervello?» si chiese Mershberger. La risposta arriva dalle 320 pagine di «The Sistine Secrets» (I Segreti della Sistina) confezionate per i tipi di HarpersCollins da Roy Doliner, studioso dell’arte e docente nei Musei Vaticani, e Benjamin Blech, docente di Talmud alla Yeshiva University di New York e considerato fra i più autorevoli rabbini cabbalisti, arrivati alla conclusione che Michelangelo adoperò un «codice» per la realizzazione della Cappella Sistina, talmente segreto da far apparire banale quello attribuito a Leonardo da Dan Brown.

Dove porta la Kabbalah
Il «codice di Michelangelo» è basato sui simboli della Kabbalah. Buonarroti disseminò la Volta e il Giudizio Universale di messaggi riconducibili alla mistica ebraica. A cominciare proprio dall’uomo creato dalla mente perché viene all’interpretazione cabbalistica che vuole l’essere umano frutto della conoscenza posizionata nell’emisfero destro del cervello, proprio il luogo dove Michelangelo raffigura Dio.

Il volume appena uscito nelle librerie d’America accompagna il lettore attraverso una miriade di simili esempi, in parte rielaborati da precedenti studi in parte trovati dagli autori, come nel caso del cerchio dorato sul mantello di Aminadab, ricomparso con i restauri del 1980-1999, che richiama il simbolo della vergogna che all’epoca di Michelangelo gli ebrei erano obbligati a portare sugli abiti.

In maniera analoga nel Circolo degli Eletti del Giudizio Universale si trovano, proprio sopra Gesù, due ebrei con in testa cappelli simili a quelli che l’Inquisizione obbligava loro di indossare per distinguersi dai cristiani: con le due punte che richiamavano il Diavolo o di color giallo.

Una miriade di esempi
Il profilo del Giudizio Universale ricorda quello delle Tavole della Legge così come le dimensioni della Cappella Sistina sono identiche, al millimetro, a quelle dell’«Eichal» del Tempio di Salomone, ma ciò che più colpisce è come Blech e Doliner siano riusciti a rintracciare nei Pendenti che si trovano ai quattro angoli della Volta lettere ebraiche formate con gli arti dei personaggi raffigurati richiamando concetti cabbalistici: la Ghimel di gvurà (orgoglio) nel pannello di David e Golia come la Chet di chessed (pietà) in quello di Giuditta e la sua ancella mentre gambe e dita di Giona formano una Hei che corrisponde al numero 5, quanti sono i libri del Vecchio Testamento.
Giona viene raffigurato in un grande pesce, come suggerisce il Midrash, e non nella tradizionale balena della cultura cristiana. Anche nel caso dell’Arca di Noè l’immagine evoca il Talmud perché si tratta di una grande scatola galleggiante.
Lo stesso vale per Eva, che nasce non dalla costola ma dal fianco di Adamo. E ancora: il frutto della tentazione sull’Albero della Conoscenza nell’Eden non è la mela della tradizione cristiana ma i fichi, come riportato dal Midrash.

Ipotesi sulla motivazione
Sul perché Michelagelo abbia disseminato di simboli e messaggi cabbalistici il cuore della Chiesa cattolica, che era anche la sede dell’Inquisizione, l’opinione degli autori è che fu una conseguenza delle conoscenze apprese durante l’adolescenza da Giovanni Pico della Mirandola, il più importante cabbalista cristiano del Rinascimento, e da Marsilio Ficino, fondatore della Scuola di Atene, nella Firenze dei Medici dove Cosimo aveva scelto di accogliere e proteggere gli ebrei con il risultato di ospitare eminenti cabbalisti che riscuotevano grande interesse per le conoscenze tramandate dall’epoca del Vecchio Testamento.

Arrivati all’ultima pagina si ha la sensazione che Blech e Doliner identifichino la chiave del «codice di Michelangelo» nella scelta di costruire un ponte esoterico fra cristianesimo ed ebraismo che coincide poi con l’identità degli autori: un rabbino che nel 2005 ha benedetto in Vaticano Giovanni Paolo II e nel 2006 accompagnò l’attuale pontefice ad Auschwitz, e un appassionato d’arte che passa le sue giornate fra i «Sistine Secrets».


Il codice segreto di Michelangelo

venerdì 20 giugno 2008

acqua su Marte

Acqua su Marte: la Nasa ha le prove

La Phoenix ha immortalato trucioli di un materiale che riflette la luce "spariti" dalle foto in 4 giorni

L'acqua su Marte c'è. E la sonda Phoenix l'ha fotografata. Dopo anni di attesa e osservazioni, è arrivata dunque quella che sembra essere la prova regina. Lo ha annunciato la Nasa. Alcuni trucioli di un materiale che riflette la luce, spiegano, sono "spariti" dalle foto in quattro giorni, un comportamento compatibile solo con l'evaporazione di ghiaccio d'acqua.

«DEVE ESSERE GHIACCIO PER FORZA» - «Deve essere ghiaccio per forza - ha dettoPeter Smith dell'università dell'Arizona -: c'era qualche dubbio che potesse essere sale, ma nessun sale può comportarsi in questo modo». I trucioli erano sul fondo del piccolo cratere chiamato «Dodo» scavato dal braccio meccanico della sonda nei giorni scorsi "grattando" una superficie dura che a questo punto secondo gli scienziati è proprio uno strato di ghiaccio. La sonda, che è atterrata sul pianeta rosso sta analizzando chimicamente i campioni prelievati, per determinarne la composizione esatta.

AVVISTAMENTI

Incontro ravvicinato con un Ufo


Tre poliziotti del Galles avrebbero avvistato e inseguito un misterioso oggetto volante
Un elicottero della polizia ha avuto un incontro ravvicinato con un misterioso oggetto volante vicino ad una base militare nei pressi di Cardiff, in Galles. Secondo quanto hanno raccontato i tre agenti a bordo dell’elicottero, l'Ufo è andato loro addosso costringendo il pilota ad una manovra repentina per evitare l’impatto. L’elicottero si è poi lanciato all’inseguimento dell’oggetto volante, ma è stato costretto a lasciar perdere perchè aveva finito il carburante.

Stando al racconto dei tre poliziotti, l’Ufo era di forma circolare, con luci lampeggianti tutt’intorno. «Sono sicuri di aver visto un Ufo. Sembra una cosa fantasiosa, ma sanno quello che hanno visto. Si tratta di professionisti con una certa esperienza e sanno che la gente potrebbe finire col prenderli in giro, ma sono convinti che si trattava di un Ufo. Dopo aver evitato l’impatto, l’hanno inseguito per vedere di cosa si trattava. Hanno attraversato il canale di Bristol, ma era troppo veloce. Hanno raggiunto la costa nord del Devon, ma sono dovuti tornare indietro perchè stavano finendo il carburante», ha detto una fonte al Sun.

martedì 17 giugno 2008

DRAGON

A group of persons accidentally found a 100-year-old rare animal, according to deputy rector of Duhuk University for scientific affairs on Tuesday.

"The animal, found accidentally this week in Bajiel region in Aqra district, western Duhuk, is unlike any other animal. It feeds on reptiles and bugs," Hassan Amin told Aswat al-Iraq - Voices of Iraq - (VOI).

"After watching the short movie made by a group of ordinary persons, we can say that the extinct animal is more than 100 years-old and is related to the Dragon family," Amin explained.

"We have discussed the issue with two specialized centers in Germany and Britain to know more details about this animal, which was discovered in the country for the first time," he noted.
Duhuk is located 460 km north of Baghdad.

avvistato un "drago"

L'universita' di dihuk giudica attendibili le immagini, inviate in gb e germania
Iraq: avvistato un «drago»
Visto e filmato nel Kurdistan un animale lungo 4 metri che ricorda gli animali delle fiabe

DIHUK (IRAQ) - Carri armati, missili, blindati sì. Ma un drago in Iraq non si era ancora mai visto. Sino a qualche giorno fa. Quando l'avvistamento l'avvistamento di un animale di una specie finora sconosciuta nel kurdistan iraqeno ha suscitato grande clamore. Come riferisce l'agenzia locale «Voci dell'Iraq», all'inizio della settimana un gruppo di abitanti della città curda di Dihuk si è imbattuto per caso in un animale lungo circa quattro metri.

RIPRESE - Il vice rettore dell'università locale, Hussein Amin, che ha preso visione delle riprese realizzate dai testimoni, spiega che l'animale «ha una forma simile a quello che potremmo definire un drago» e azzarda l'ipotesi che la creatura abbia almeno cento anni. I testimoni parlano di un animale che non assomiglia a nessuna delle specie conosciute e che si nutre di rettili e insetti. Per saperne di più, gli studiosi dell'università di Dihuk, che si trova 460 chilometri a nord di Bagdad, hanno inviato tutta la documentazione in loro possesso a due centri di ricerca in Gran Bretagna e Germania.


17 giugno 2008

mercoledì 4 giugno 2008

venerdì 16 maggio 2008

super pitoni

La Florida invasa dai super pitoni

Si riproducono a ritmi esponenziali e si cibano perfino di piccoli alligatori. I naturalisti lanciano l'allarme

Un pitone di quasi quattro metri recuperato a Miami nel 2005 (Afp)
MIAMI (Florida) - Sono originari della Birmania e il fatto di cambiare aria non era stato certo una loro libera scelta. Ma evidentemente sotto il sole dei tropici e tra le acque limacciose delle Everglades e degli altri acquitrini che costellano la costa sud degli Stati Uniti si sono trovati bene: hanno trovato clima e condizioni ambientali favorevoli, oltre a grandi quantità di cibo rappresentate da cani, gatti, conigli, animali da pollaio e perfino certi tipi di coccodrilli che, sotto una certa stazza, evidentemente non li preoccupano. Stiamo parlando dei pitoni giganteschi che da qualche tempo iniziano a rappresentare un serio problema per le autorità di Miami e della Florida e che secondo uno studio reso pubblico giovedì potrebbero presto colonizzare anche gli stati vicini della Georgia e della Luisiana.

L'ALLARME DEI NATURALISTI - Il fenomeno è piuttosto grave, per la velocità con cui si espande, e gli esperti naturalisti lanciano l'allarme: se conqinua così, ha detto ad esempio Frank Mazzotti, docente all'Istituto delle scienze dell'Università della Florida, potrebbero finire con l'assumere il predominio nelle zone abitualmente abitate dagli alligatori. I primi esemplari finiti nell'ambiente sono stati gli esemplari importati dagli abitanti della zona come animali «da compagnia». Quando il rettile in appartamento ha finito col diventare stancante, però, qualcuno di questi sedicenti «pitonofili» ha pensato bene di liberarsi dell'ingombrante pet domestico semplicemente abbandonandolo in una palude, senza pensare alle possibili conseguenze. Anzi: magari ci sarà pure chi avrà pensato di fornire un possibile pasto aggiuntivo agli alligatori, con cui da queste parti la gente si è ormai abituata a convivere.

I NUMERI - Devono essere stati in molti a fare questo ragionamento, al punto che già tra il 2002 e il 2005 risultavano essere più di 200 i pitoni catturati, vivi o morti, nelle regioni meridionali della Florida. Ma nei due anni seguenti la cifra è più raddoppiata, con 418 esemplari contati tra il 2005 e il 2007. Stiamo parlando solo degli animali rinvenuti e presi in consegna dalle autorità, perché di tutti quelli che vivono liberi e felici non si ha alcun censimento. Sembra certo, però, che i numeri siano tutt'altro che incoraggianti: si parla infatti di almento 30 mila esemplari, stando ai calcoli di alcuni biologi delle Everglades.

PROLIFERAZIONE INCONTROLLATA - I pitoni, del resto, sono degli eccellenti nuotatori e sanno muoversi bene nelle zone paludose e limacciose. Possono percorrere lunghe distanze in tempi rapidi e sono in grado di attaccare diversi tipi di animali, come detto anche piccoli coccodrilli, non avendo dunque grossi problemi nel reperimento di cibo. Le femmine, poi, hanno la possibilità di immagazzinare riserve di sperma e un serpente di una cinquantina di chili, ha spiegato ancora Mazzotti, può facilmente produrre tra le 60 e le 80 uova ogni anno. Insomma, una proliferazione che in assenza di predatori concorrenti potrebbe continuare a ritmi esponenziali. Il più grande pitone catturato in Florida misurava cinque metri e pesava più di 70 chili: roba da fare impressione a chiunque, alligatori compresi.

mercoledì 14 maggio 2008

X FILES

Ufo, Londra rende pubblici gli «X-Files»

Gli Archivi nazionali mettono online i primi otto di 160 dossier dedicati agli oggetti volanti non identificati

LONDRA (Gran Bretagna) - Per anni gli ufologi di tutto il mondo hanno dibattuto sull'esistenza di X-file tenuti segretamente nascosti dai più importanti servizi segreti internazionali, ma mai avrebbero pensato che un bel giorno alcuni di questi misteriosi documenti sarebbero stati pubblicati come normale materiale d'archivio. E'ciò che accaduto in Gran Bretagna dove gli Archivi nazionali di Londra hanno messo online sul proprio sito ufficiale (www.nationalarchives.gov.uk/ufos) diversi documenti del ministero della Difesa: questi hanno come tema centrale l'avvistamento di «oggetti volanti non identificati».

DOCUMENTI - Per adesso sono stati pubblicati solo otto degli X-file, redatti negli anni tra 1978 al 1987, ma il sito web assicura che nei prossimi quattro anni saranno resi noti tutti i 160 documenti stilati dal Ministero della Difesa. Secondo quest'ultimo la decisione di aprire questo archivio segreto è stata presa in ottemperanza al «Freedom of information Act» e anche per combattere le numerose informazioni false, moltiplicatesi negli ultimi anni, che accusavano il governo britannico di essere a conoscenza di chissà quali verità sugli alieni e di tenerle nascoste

INTELLIGENCE - Nel corso degli ultimi 60 anni l'intelligence britannica avrebbe indagato su oltre 11.000 casi di avvistamenti di «oggetti non identificati»: queste scrupolose ricerche sarebbero state portate avanti non perchè il ministero della Difesa credeva realmente all'esistenza di extraterrestri, ma perchè temeva che dietro questi oggetti sconosciuti si nascondessero nuovi armi di spionaggio usate dall'Unione Sovietica o dai paesi nemici. E' interessante notare che nel 1978, un anno dopo l'uscita del celebre film di Steven Spielberg «Incontri ravvicinati del terzo tipo» le segnalazioni di avvistamenti di Ufo da parte dei cittadini britannici quasi raddoppiarono, passando dalle 435 del 1977 alle 750 dell'anno seguente

RACCONTI - Naturalmente molte delle segnalazioni appaiono alquanto inverosimili: i più gettonati sono gli avvistamenti di dischi volanti, ma non mancano le storie in cui i cittadini raccontano di aver visto dei veri e propri alieni. E' il caso raccontato nel documento del 1983, catalogato sotto la sigla «Defe 24/1925», in cui un settantottenne pescatore inglese dichiara di aver parlato con degli extraterresti di colore verde che sarebbero sbarcati da una misteriosa navicella. Sempre nello stesso file è presenta una lettera del 1985 indirizzato al Ministero della Difesa in cui un cittadino narrava di aver assistito all’abbattimento di una navicella spaziale da parte di un altro disco volante sul fiume Mersey, nell’Inghilterra del Nord; sempre nello stesso documento vi è il racconto di un altro cittadino che spiega di aver stretto amicizia con un extraterrestre di nome Algar. Un’altra bizzarra lettera datata gennaio 1985 narra di un uomo che si dichiara in contatto con gli alieni da quando aveva 7 anni. Egli afferma di aver visitato due basi aliene nella penisola di Wirral e nella contea di Cheshire e di aver visto un disco volante essere abbattuto vicino alla città di Wallasey. «La maggioranza di queste persone sono cittadini comuni che hanno visto qualcosa di inusuale e hanno pensato di doverne parlare» afferma il professore e esperto di storie di Ufo David Clarke della “Sheffield Hallam University”

TESTIMONI INSOSPETTABILI - Tuttavia tra i testimoni non mancano insospettabili aviatori della Raf (Royal Air Force), piloti dell’aviazione civile e controllori di volo britannici. Proprio un pilota di un aereo civile avrebbe dichiarato in una lettera del 5 settembre del 1986 di aver avvistato una navicella spaziale che sarebbe passata a poche miglia dall’aereo che stava pilotando. Egli afferma di aver pensato che quello che aveva visto poteva essere un meteorite o un missile, ma poi taglia corto: «Se fosse stato un missile, io e il mio equipaggio non ci saremmo tanto spaventati».

NESSUNA PROVA - Alla fine però non vi è alcuna prova nei file che questi incontri ravvicinati siano realmente avvenuti o meglio, che dietro questi misteriosi avvistamenti, si celino dei veri extraterrestri. «Alla fine non mai è stata trovata la pistola fumante» spiega al Guardian Nick Pope, un ex impiegato statale che ha lavorato a lungo al Ministero della difesa britannica e che per 3 anni si è occupato esclusivamente dei documenti relativi agli Ufo

giovedì 1 maggio 2008

mercoledì 23 aprile 2008

giovedì 27 marzo 2008

misteri insoluti: l'omicidio di Robert Kennedy

Omicidio di Robert Kennedy, l'altra verità

Si riapre il dibattito sull'assassinio del fratello di Jfk: la balistica smentisce la ricostruzione ufficiale

Il corpo senza vita di Robert F. Kennedy, ucciso a Los Angeles nel 1968 (Ap)
WASHINGTON – C’è un’altra verità, come tanti sospettano, dietro l’uccisione di Robert F.Kennedy, avvenuta in un hotel di Los Angeles nel giugno del 1968? Alcuni periti balistici pensano di sì. Kennedy, sostengono, sarebbe stato colpito da una seconda persona appostata alle sue spalle e non da Shiran Shiran, l’uomo condannato all’ergastolo per il delitto.

La teoria – non nuova - è stata illustrata durante un congresso svoltosi nel Connecticut. Un perito balistico, Robert Joling, che ha indagato per 40 anni sull’attentato, è giunto alla conclusione che il colpo fatale non poteva venire dalla pistola di Shiran che si trovava davanti al bersaglio e che, stando alle testimonianze, non si sarebbe mai avvicinato alla vittima. E’ invece più probabile che un secondo tiratore abbia sorpreso il senatore sparando da una posizione defilata e alle spalle. L’autopsia ha infatti confermato che tre colpi hanno raggiunto Kennedy da dietro con una traiettoria dal basso verso l’alto e da destra verso sinistra. Inoltre il proiettile fatale sarebbe stato esploso vicino all’orecchio: infatti ha lasciato una traccia di bruciatura.

Un altro esperto, Philip Van Praag, esaminando un nastro registrato da un giornalista canadese al momento dell’agguato, ha determinato che sarebbero stati esplosi almeno 13 colpi mentre l’arma di Shiran ne poteva contenere solo otto. Van Praag ha aggiunto che la seconda arma poteva appartenere ad un agente della scorta, il quale interrogato aveva fornito una versione poco plausibile. Le ricostruzioni dei due «tecnici» potrebbero riaccendere le polemiche sull’indagine. La tesi ufficiale del coinvolgimento del solo Shiran non ha mai convinto del tutto e ciò ha alimentato molte teorie su chi avesse organizzato il complotto: dalla mafia agli avversari politici. Un mistero fitto quanto quello dell’assassinio del fratello John a Dallas. Anche nell’uccisione del presidente è probabile che i killer fossero diversi, appostati in modo da poter aprire il fuoco su ogni lato del corteo.

Guido Olimpio

mercoledì 19 marzo 2008

lunedì 3 marzo 2008

venerdì 29 febbraio 2008

bigfoot


© 2007 Rick Jacobs

mercoledì 20 febbraio 2008

domenica 17 febbraio 2008

il mistero delle statue dell'isola di pasqua

I moai sono statue che si trovano sull'isola di Pasqua. Nella maggior parte dei casi si tratta di statue monolitiche, cioè ricavate e scavate da un unico blocco di tufo vulcanico; alcune possiedono sulla testa un tozzo cilindro (pukau) ricavato da un altro tipo di tufo di colore rossastro, interpretato come un copricapo oppure come l'acconciatura un tempo diffusa tra i maschi.

Ci sono più di 600 moai conosciuti sulla superficie dell'isola. La quasi totalità di questi sono stati ricavati da un tufo basaltico del cratere Rano Raraku, dove si trovano quasi 400 statue incomplete. Questa roccia a grana eterogenea è relativamente tenera, a differenza del basalto, che deriva dalla solidificazione di un magma. I cappelli sono invece stati ricavati da un tufo rossastro proveniente dal piccolo cratere di Puna Pau, distante circa 10 chilometri da Rano Raraku.

La cava di Rano Raraku sembra essere stata abbandonata all'improvviso, con alcune statue lasciate ancora incomplete nella roccia. Tra queste vi è la statua più grande, lunga 21 metri. Praticamente tutti i moai completati furono probabilmente abbattuti dagli indigeni qualche tempo dopo il periodo della costruzione, ma anche i terremoti potrebbero aver contribuito al ribaltamento delle statue.

Sebbene vengano spesso identificati con le teste, molti dei moai hanno spalle, braccia, torsi, che sono stati piano piano, negli anni, sotterrati dalla terra circostante. Il significato dei moai è ancora oggi poco chiaro e esistono ancora molte teorie a proposito.

Mappa dell'isola di Pasqua con le posizioni dei monoliti


Mappa dell'isola di Pasqua con le posizioni dei monoliti

La teoria più comune è che le statue siano state scolpite dai polinesiani abitanti a partire dall'anno 1000 d.C.. Si ritiene che siano le rappresentazioni degli antenati defunti o di importanti personaggi della comunità, a cui vengono dedicate questi gesti di riconoscenza. I moai sono stati probabilmente artefatti molto costosi; non solo la scultura di ogni statua avrebbe richiesto anni di lavoro, ma avrebbero dovuto anche essere trasportate per tutta l'isola fino alla loro posizione finale. Non si sa esattamente come i moai siano stati spostati, ma quasi certamente il processo ha richiesto slitte e/o rulli di legno. Si pensa che la domanda di legno necessaria a supportare la continua erezione di statue abbia portato al totale disboscamento dell'isola. Questo spiegherebbe perché la cava sia stata abbandonata all'improvviso.

Le antiche leggende dell'isola parlano di un capo clan in cerca di una nuova casa. Il posto che scelse è quella che noi oggi conosciamo come isola di Pasqua. Alla sua morte, l'isola venne divisa tra i suoi figli. Ogniqualvolta un capo di uno dei clan moriva, un moai veniva posto sulla tomba dei capi. Gli isolani credevano che queste statue avrebbero catturato i "mana" (poteri soprannaturali) del capo. Credevano che mantenendo i mana dei capi sull'isola, si sarebbero verificati eventi propizi, sarebbe caduta la pioggia e le coltivazioni sarebbero cresciute. Questa leggenda potrebbe essere cambiata rispetto all'originale, dal momento che si è tramandata oralmente per lungo tempo. Qualsiasi cosa potrebbe essere stata aggiunta a questa leggenda per renderla più interessante.