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venerdì 27 giugno 2008

il mistero di Tungutska 1

Le ricerche continuano, anche da parte degli italiani

Cento anni fa sui cieli della Siberia
un'esplosione da mille bombe atomiche

Tra le ipotesi la disintegrazione di un asteroide, ma anche lo «scontro» con un blocco di antimateria cosmica

Un'immagine della foresta carbonizzata (da www.americandigest.org)
Un'immagine della foresta carbonizzata (da www.americandigest.org)
Che un secolo fa, in piena Siberia, si sia verificata un’esplosione equivalente a mille bombe nucleari di tipo Hiroshima, e che quel remoto fenomeno rimanga ancora un problema insoluto, malgrado decine di esplorazioni e ricerche, è uno smacco per la moderna ricerca scientifica. Ma proprio questa è la storia della misteriosa esplosione di Tunguska, che il 30 giugno 2008 compie esattamente 100 anni: tante supposizioni, tanti tenui indizi, e ancora nessuna ipotesi definitivamente provata. Caduta di una cometa o di un asteroide? Esplosione di una bolla naturale di gas metano? Oppure, per scivolare sul fantascientifico, collisione fra il nostro pianeta e un grumo di antimateria? O lo schianto di un’astronave aliena? Sul caso Tunguska, negli ultimi anni, se ne sono lette di tutti i colori, da credibili ipotesi pubblicate su qualificate riviste scientifiche, ad articoli e libri di fiction privi di qualunque fondamento. Il centennale del mistero della Tunguska, ancora oggi irrisolto, merita un’attenta ricostruzione dei fatti.

ACCECANTE COME UN SOLE - Il 30 giugno 1908 alle 7,14 del mattino, quando sull'altopiano siberiano è giorno affermato, appare un oggetto simile a un disco solare, con una luminosità ancora più accecante del Sole. Sfreccia da Sud-Est a Nord-Ovest, riempiendo il cielo di bagliori intermittenti blu e bianchi e lasciandosi dietro una scia di fuoco e fumo. Fende l'aria con un sibilo, poi piega verso il suolo e inonda l'orizzonte di un rosso cupo, prima di scomparire con un sordo boato. Alcuni riferiscono di aver visto distintamente il disco luminoso, contornato da tutti i suoi fenomeni accessori; altri lo percepiscono soltanto indirettamente, come un lampo, una colonna di fumo, un tremendo tuono che fa vibrare l'aria e il terreno. L’oggetto sembra cadere in una zona disabitata, immediatamente a Nord di un corso d'acqua riportato in tutte le carte geografiche, Tunguska, uno di quei grandi fiumi che dalle alture orientali si tuffano nel bassopiano siberiano a ingrossare le acque dello Jenisej. Il paesaggio è quello tipico dell'altopiano siberiano: catene montuose e vallate che si succedono monotone, ricoperte dalla taiga, la fitta foresta di conifere secolari. Tutto attorno, una complessa rete fluviale, punteggiata da paludi malsane. La zona, d’inverno, è il regno delle nevi e dei ghiacci, con temperature che scendono oltre i 50°C sotto lo zero. In quella regione, che ai primi del secolo era in gran parte inaccessibile e in parte abitata da popolazioni di cacciatori nomadi, l'oggetto non identificato sceglie una depressione naturale per scatenare tutta la forza del suo impatto: una conca circondata da colline e montagne e ricoperta da alte conifere. Le esatte coordinate geografiche, determinate 19 anni dopo il fatto, sono 60° 53’ 09” di latitudine Nord; 101° 53’ 40” di longitudine Est.

LA FORESTA CARBONIZZATA - Il disastro è di vastissime proporzioni: circa 2mila km quadrati di foresta bruciata e devastata, migliaia di animali abbattuti e, stando alle testimonianze locali, molti cacciatori e abitanti di povere capanne feriti e ustionati; ma, a quanto sembra, nessun morto. Ancora oggi, a testimonianza di quel cataclisma, resistono centinaia di tronchi di alberi abbattuti e carbonizzati, a indicare con il loro orientamento gli effetti dell’onda d’urto. I fenomeni luminosi sono avvertiti entro un raggio di 600-700 km; quelli acustici uditi fino a mille km di distanza. Per dare un'idea della portata del fenomeno, se fosse accaduto a Roma, sarebbe stato visto da un capo all'altro della penisola e udito da Francoforte a Tripoli, da Barcellona a Belgrado. Il mondo è e rimarrà per parecchio tempo inconsapevole dell'evento, ma i sensibili pennini dei sismografi e dei barografi dell'Europa intera registrano l'accaduto che è interpretato come uno dei tanti terremoti lontani. Molti anni più tardi, saranno gli studi comparativi delle registrazioni sismiche e barometriche, a permettere di calcolare la potenza scatenata dall'esplosione della Tunguska che fu di circa 13 mila kilotoni, equivalente cioè a un migliaio di bombe come quella sganciata su Hiroshima. Le notti successive un altro e più appariscente fenomeno s’impone alle popolazioni europee e asiatiche delle alte latitudini: molte ore dopo il tramonto del Sole persiste una luminosità crepuscolare di straordinaria intensità. I giornali parlano di «fantasmagorici bagliori notturni» e gli astronomi spiegano che, probabilmente, si tratta di aurore boreali connesse all'attività del Sole.

IL CRATERE CHE NON C’E’ - Trascorso il turbine della prima guerra mondiale e della rivoluzione bolscevica, bisognerà aspettare il 1921 perché un ricercatore del Museo di Mineralogia di Petrograd, Leonid A. Kulik, incuriosito dai ritagli ormai ingialliti dei giornali del 1908, decida di compiere il primo sopralluogo nella zona del disastro. Si reca, innanzitutto, nei centri più popolosi ai margini dell'area colpita, alla ricerca di testimoni oculari, e raccoglie una grande quantità di prove. Riesce a ricostruire la traiettoria del corpo, pensa che si tratti di un grosso meteorite che cadendo a terra ha scavato un cratere e ritiene di poterlo scoprire, recuperando anche i frammenti del presunto corpo celeste. Per aver successo nell'impresa occorre una spedizione ben organizzata, in grado di penetrare tra le foreste e le montagne che circondano il luogo dell'impatto. Kulik impiegherà sei anni per convincere i membri dell'Accademia Sovietica delle Scienze a finanziare l'impresa. Ma la ricognizione non dà i risultati sperati: dopo mille fatiche e difficoltà, lo studioso non trova ne’ il cratere, ne’ i frammenti del meteorite.

COMETA O ASTEROIDE? - Per superare queste contraddizioni, comincia a farsi strada un'idea, avanzata nel 1930 dall'inglese J. W. Whipple, che identifica l'oggetto con il nucleo di una piccola cometa avente circa 40 m di diametro, una stima che sarà poi rivalutata da alcuni astronomi favorevoli a questa ipotesi. Un nucleo cometario, ragiona Whipple, penetrando ad alta velocità nell'atmosfera, può dare luogo a un'onda d'urto e a un'esplosione distruttive e, nello stesso tempo, a causa della sua bassa densità e della sua struttura a conglomerato di ghiacci e polveri, può disintegrarsi completamente, disperdendo una grande quantità di piccoli grani solidi. Si spiegherebbero in questo modo il fenomeno delle notti lucenti, il mancato ritrovamento di grossi frammenti meteoritici e l'assenza di crateri da impatto. Questa, ancora oggi, è l’ipotesi sostenuta da molti scienziati russi. Quelli occidentali, invece, propendono per un piccolo asteroide, anche questo esploso e vaporizzato in aria, tra 5 e 10 km d’altezza, che avrebbe lasciato al suolo soltanto tracce microscopiche.

IL MISTERO IN FONDO AL LAGO - La Tunguska ha attratto l’attenzione anche di un gruppo di studiosi italiani coordinato dal professor Giuseppe Longo, un fisico dell’Università di Bologna. Essi, dopo sopralluoghi e analisi, pensano di avere individuato in un piccolo laghetto denominato Cheko, il cratere scavato da uno dei frammenti del presunto asteroide. L’ipotesi, avanzata in un articolo sulla rivista scientifica Terra Nova (agosto 2007), non è condivisa da altri esperti e richiederà ulteriori esplorazioni sul fondo del lago, alla ricerca di eventuali frammenti del corpo celeste, per essere provata. Fra le ipotesi più stravaganti ne esistono due che tuttavia si basano su studi scientifici qualificati. La prima, elaborata da Willard Libby, lo scopritore della tecnica di datazione col carbonio 14, si basa proprio sull’abbondanza di questo isotopo riscontrata negli anelli di accrescimento degli alberi subito dopo il fenomeno: fatto che viene attribuito alle conseguenze di una possibile annichilazione fra la materia terrestre un blocco di antimateria spaziale venuto a contatto con l’alta atmosfera. La seconda ipotesi esotica, avanzata da un gruppo di fisici dell’Università del Texas, riconduce i fenomeni descritti in Siberia nel 1908 allo scontro fra il nostro pianeta e un mini buco nero, come quelli la cui esistenza è stata postulata dall’astrofisico Stephen Hawking. Il centenario della Tunguska sarà celebrato anche su internet, il 28 giugno 2008 alle ore 22, con una diretta web interattiva tenuta dall’astronomo Gianluca Masi sul sito www.coelum.com

Franco Foresta Martin

mercoledì 25 giugno 2008

ufo al telefonino

Ufo: militari Gb riprendono con il telefonino dischi volanti

dal corriere online

LONDRA - Ancora presunti avvistamenti di Ufo nel Regno Unito. Alcuni militari della caserma di Tern Hill, a Market Drayton, hanno assicurato di aver avuto un incontro ravvicinato con "13 Ufo" sabato 7 giugno. Il caporale Mark Proctor ha detto di essere riuscito a riprenderne un paio con il telefonino. Lo scrive oggi il 'Sun' in prima pagina. Un altro militare ha detto che gli oggetti nel cielo erano una trentina. Un portavoce della Difesa britannica ha fatto sapere che e' stata aperta un'inchiesta: "Per ogni notizia sugli Ufo verifichiamo se si tratta di una minaccia militare". La settimana scorsa un elicottero della polizia aveva incrociato in Galles "un oggetto rotante bordato di luci multicolori sui bordi". L'elicottero aveva rischiato la collisione, poi aveva tentato di inseguire l'oggetto. Alla fine aveva dovuto desistere per mancanza di carburante. (Agr)

sabato 21 giugno 2008

il codice segreto di Michelangelo





Nel 1975 il chirurgo dell’Indiana Frank Mershberger entra per la prima volta nella Cappella Sistina, guarda l’affresco sulla Creazione di Adamo e prova una sensazione di strana famigliarità. Poi rimane di stucco. Dio che tende la mano verso Adamo è raffigurato dentro un mantello che è l’esatta sezione di un cervello umano, quasi fosse stato copiato dal manuale di una scuola di medicina.

«Perché mai Michelangelo ha messo Dio dentro un cervello?» si chiese Mershberger. La risposta arriva dalle 320 pagine di «The Sistine Secrets» (I Segreti della Sistina) confezionate per i tipi di HarpersCollins da Roy Doliner, studioso dell’arte e docente nei Musei Vaticani, e Benjamin Blech, docente di Talmud alla Yeshiva University di New York e considerato fra i più autorevoli rabbini cabbalisti, arrivati alla conclusione che Michelangelo adoperò un «codice» per la realizzazione della Cappella Sistina, talmente segreto da far apparire banale quello attribuito a Leonardo da Dan Brown.

Dove porta la Kabbalah
Il «codice di Michelangelo» è basato sui simboli della Kabbalah. Buonarroti disseminò la Volta e il Giudizio Universale di messaggi riconducibili alla mistica ebraica. A cominciare proprio dall’uomo creato dalla mente perché viene all’interpretazione cabbalistica che vuole l’essere umano frutto della conoscenza posizionata nell’emisfero destro del cervello, proprio il luogo dove Michelangelo raffigura Dio.

Il volume appena uscito nelle librerie d’America accompagna il lettore attraverso una miriade di simili esempi, in parte rielaborati da precedenti studi in parte trovati dagli autori, come nel caso del cerchio dorato sul mantello di Aminadab, ricomparso con i restauri del 1980-1999, che richiama il simbolo della vergogna che all’epoca di Michelangelo gli ebrei erano obbligati a portare sugli abiti.

In maniera analoga nel Circolo degli Eletti del Giudizio Universale si trovano, proprio sopra Gesù, due ebrei con in testa cappelli simili a quelli che l’Inquisizione obbligava loro di indossare per distinguersi dai cristiani: con le due punte che richiamavano il Diavolo o di color giallo.

Una miriade di esempi
Il profilo del Giudizio Universale ricorda quello delle Tavole della Legge così come le dimensioni della Cappella Sistina sono identiche, al millimetro, a quelle dell’«Eichal» del Tempio di Salomone, ma ciò che più colpisce è come Blech e Doliner siano riusciti a rintracciare nei Pendenti che si trovano ai quattro angoli della Volta lettere ebraiche formate con gli arti dei personaggi raffigurati richiamando concetti cabbalistici: la Ghimel di gvurà (orgoglio) nel pannello di David e Golia come la Chet di chessed (pietà) in quello di Giuditta e la sua ancella mentre gambe e dita di Giona formano una Hei che corrisponde al numero 5, quanti sono i libri del Vecchio Testamento.
Giona viene raffigurato in un grande pesce, come suggerisce il Midrash, e non nella tradizionale balena della cultura cristiana. Anche nel caso dell’Arca di Noè l’immagine evoca il Talmud perché si tratta di una grande scatola galleggiante.
Lo stesso vale per Eva, che nasce non dalla costola ma dal fianco di Adamo. E ancora: il frutto della tentazione sull’Albero della Conoscenza nell’Eden non è la mela della tradizione cristiana ma i fichi, come riportato dal Midrash.

Ipotesi sulla motivazione
Sul perché Michelagelo abbia disseminato di simboli e messaggi cabbalistici il cuore della Chiesa cattolica, che era anche la sede dell’Inquisizione, l’opinione degli autori è che fu una conseguenza delle conoscenze apprese durante l’adolescenza da Giovanni Pico della Mirandola, il più importante cabbalista cristiano del Rinascimento, e da Marsilio Ficino, fondatore della Scuola di Atene, nella Firenze dei Medici dove Cosimo aveva scelto di accogliere e proteggere gli ebrei con il risultato di ospitare eminenti cabbalisti che riscuotevano grande interesse per le conoscenze tramandate dall’epoca del Vecchio Testamento.

Arrivati all’ultima pagina si ha la sensazione che Blech e Doliner identifichino la chiave del «codice di Michelangelo» nella scelta di costruire un ponte esoterico fra cristianesimo ed ebraismo che coincide poi con l’identità degli autori: un rabbino che nel 2005 ha benedetto in Vaticano Giovanni Paolo II e nel 2006 accompagnò l’attuale pontefice ad Auschwitz, e un appassionato d’arte che passa le sue giornate fra i «Sistine Secrets».


Il codice segreto di Michelangelo

venerdì 20 giugno 2008

acqua su Marte

Acqua su Marte: la Nasa ha le prove

La Phoenix ha immortalato trucioli di un materiale che riflette la luce "spariti" dalle foto in 4 giorni

L'acqua su Marte c'è. E la sonda Phoenix l'ha fotografata. Dopo anni di attesa e osservazioni, è arrivata dunque quella che sembra essere la prova regina. Lo ha annunciato la Nasa. Alcuni trucioli di un materiale che riflette la luce, spiegano, sono "spariti" dalle foto in quattro giorni, un comportamento compatibile solo con l'evaporazione di ghiaccio d'acqua.

«DEVE ESSERE GHIACCIO PER FORZA» - «Deve essere ghiaccio per forza - ha dettoPeter Smith dell'università dell'Arizona -: c'era qualche dubbio che potesse essere sale, ma nessun sale può comportarsi in questo modo». I trucioli erano sul fondo del piccolo cratere chiamato «Dodo» scavato dal braccio meccanico della sonda nei giorni scorsi "grattando" una superficie dura che a questo punto secondo gli scienziati è proprio uno strato di ghiaccio. La sonda, che è atterrata sul pianeta rosso sta analizzando chimicamente i campioni prelievati, per determinarne la composizione esatta.

AVVISTAMENTI

Incontro ravvicinato con un Ufo


Tre poliziotti del Galles avrebbero avvistato e inseguito un misterioso oggetto volante
Un elicottero della polizia ha avuto un incontro ravvicinato con un misterioso oggetto volante vicino ad una base militare nei pressi di Cardiff, in Galles. Secondo quanto hanno raccontato i tre agenti a bordo dell’elicottero, l'Ufo è andato loro addosso costringendo il pilota ad una manovra repentina per evitare l’impatto. L’elicottero si è poi lanciato all’inseguimento dell’oggetto volante, ma è stato costretto a lasciar perdere perchè aveva finito il carburante.

Stando al racconto dei tre poliziotti, l’Ufo era di forma circolare, con luci lampeggianti tutt’intorno. «Sono sicuri di aver visto un Ufo. Sembra una cosa fantasiosa, ma sanno quello che hanno visto. Si tratta di professionisti con una certa esperienza e sanno che la gente potrebbe finire col prenderli in giro, ma sono convinti che si trattava di un Ufo. Dopo aver evitato l’impatto, l’hanno inseguito per vedere di cosa si trattava. Hanno attraversato il canale di Bristol, ma era troppo veloce. Hanno raggiunto la costa nord del Devon, ma sono dovuti tornare indietro perchè stavano finendo il carburante», ha detto una fonte al Sun.

martedì 17 giugno 2008

DRAGON

A group of persons accidentally found a 100-year-old rare animal, according to deputy rector of Duhuk University for scientific affairs on Tuesday.

"The animal, found accidentally this week in Bajiel region in Aqra district, western Duhuk, is unlike any other animal. It feeds on reptiles and bugs," Hassan Amin told Aswat al-Iraq - Voices of Iraq - (VOI).

"After watching the short movie made by a group of ordinary persons, we can say that the extinct animal is more than 100 years-old and is related to the Dragon family," Amin explained.

"We have discussed the issue with two specialized centers in Germany and Britain to know more details about this animal, which was discovered in the country for the first time," he noted.
Duhuk is located 460 km north of Baghdad.

avvistato un "drago"

L'universita' di dihuk giudica attendibili le immagini, inviate in gb e germania
Iraq: avvistato un «drago»
Visto e filmato nel Kurdistan un animale lungo 4 metri che ricorda gli animali delle fiabe

DIHUK (IRAQ) - Carri armati, missili, blindati sì. Ma un drago in Iraq non si era ancora mai visto. Sino a qualche giorno fa. Quando l'avvistamento l'avvistamento di un animale di una specie finora sconosciuta nel kurdistan iraqeno ha suscitato grande clamore. Come riferisce l'agenzia locale «Voci dell'Iraq», all'inizio della settimana un gruppo di abitanti della città curda di Dihuk si è imbattuto per caso in un animale lungo circa quattro metri.

RIPRESE - Il vice rettore dell'università locale, Hussein Amin, che ha preso visione delle riprese realizzate dai testimoni, spiega che l'animale «ha una forma simile a quello che potremmo definire un drago» e azzarda l'ipotesi che la creatura abbia almeno cento anni. I testimoni parlano di un animale che non assomiglia a nessuna delle specie conosciute e che si nutre di rettili e insetti. Per saperne di più, gli studiosi dell'università di Dihuk, che si trova 460 chilometri a nord di Bagdad, hanno inviato tutta la documentazione in loro possesso a due centri di ricerca in Gran Bretagna e Germania.


17 giugno 2008

mercoledì 4 giugno 2008